La lettera dei 6 big riformisti Dem spacca il Pd a meno di un mese dai Referendum: “non votiamo quesiti sul Jobs Act, basta resa dei conti col passato”
LA VIGILIA DEL REFERENDUM “INDIGESTO” IN CASA PD: LO STRAPPO SU 3 DEI 5 QUESITI, MESSAGGIO A LANDINI (E SCHLEIN)
Se non bastasse il dato sull’astensionismo che affossa il binomio Schlein-Landini in vista dei 5 Referendum abrogativi dell’8-9 giugno 2025, la lettera pubblicata oggi da “La Repubblica” di alcuni riformisti Dem rendono del tutto indigesta la vigilia del voto per la Segretaria del Pd: all’interno di un vasto scontro (nato non oggi) tra maggioranza e liberal-riformisti vari interni alla Direzione Nazionale, su ben 3 quesiti dei 5 presenti alle urne in contemporanea con i ballottaggi delle Elezioni Comunali la minoranza Dem manifesta un’autentica “ribellione” contro le direttive della Segretaria Schlein.
Il tema chiave resta la difesa del Jobs Act, la riforma del lavoro introdotta dal Governo Renzi (all’epoca leader Pd) che il sindacato CGIL e il nuovo corso del Partito Democratico intendono demolire: e così, dopo settimane di dibattiti e scontri interni alle varie fazioni Dem, la presa di posizione dirimente arriva a meno di un mese dalle urne spaccando il Pd inesorabilmente. La lettera a prima firma Lorenzo Guerini, uno dei “leader” della minoranza riformista interna al Pd, viene pubblicata da “Rep” al cui direttore Molinari era indirizzata: dunque non un dibattito interno, non un confronto in Direzione Pd, ma una lettera pubblica che rende plastica la distanza forte tra Schlein e il resto del partito più “moderato”.
In estrema sintesi, l’ala riformista Dem annuncia di votare Sì ai Referendum abrogativi solo sui quesiti riguardante la cittadinanza (quesito n. 5, scheda gialla) e sugli appalti-sicurezza sul lavoro (quesito 4, scheda rosa), mentre l’invito è di non votare (cioè di non ritirare le schede alle urne) per gli altri quesiti n. 1, 2 e 3, ovvero tutti quelli riguardante una modifica del Jobs Act.
La lettera arriva dopo la mossa di Matteo Renzi, oggi leader Italia Viva, che aveva sfidato apertamente i riformisti Dem a trovare il coraggio di “strappare” sul Referendum di giugno 2025: «se hanno votato per il Jobs Act 10 anni fa oggi avrebbero un sussulto di orgoglio», rintuzza l’ex Premier al programma “Start”, «ma i riformisti Pd non lo fanno perché temono che Schlein li metta fuori dalle liste».
COSA DICE LA LETTERA DEI “RIBELLI” PD (E CHI SONO): NUOVO SCONTRO AL NAZARENO DOPO IL RIARMO UE
E così si arriva all’effettiva lettera indirizzata negli scorsi giorni e pubblicata oggi 13 maggio in prima pagina su “Rep”: i 6 “ribelli” dem firmatari sono il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, la potente eurodeputata (e vicepresidente del Parlamento UE) Pina Picierno, ma anche le deputate Lia Quartapelle e Marianna Madia, con infine il senatore Filippo Sensi e l’ex sindaco di Bergamo (oggi europarlamentare) Giorgio Gori.
Lo strappo contro la linea del partito di Schlein e il leader della CGIL Landini – che sostengono con forza tutti e 5 i Referendum abrogativi – è così servito e produrrà probabilmente ulteriore caos attorno ad un appuntamento elettorale che già sconta una possibile “vittoria” dell’astensionismo sul quorum richiesto, con l’affluenza per ora ferma al 30-36% secondo i sondaggi. Secondo i riformisti di Guerini & Co., la dignità del lavoro verrebbe rispettata se solo le politiche attive previste dal Jobs Act fossero realizzate: non solo salario minimo («negato dalla destra») e tutela dei più deboli, serve non distruggere quanto di buono è stato fatto nel passato, spiegano ancora i “ribelli” nella lettera.
«Ciò che non serve invece è agitare un simulacro o fuori tempo», scrivono nettamente Guerini e Gori, specie nell’aizzare polemiche che distraggono dai temi chiave del lavoro e della socialità, oltre che distruggere l’unità sindacale con Cisl – contraria ai referendum e favorevole all’astensione – e la UIL che lascia libertà di voto. Il punto ribadito al termine della lettera “anti-Schlein” è che il No deve essere ribadito seccamente ai quesiti che minerebbero «la condizione del lavoro in Italia».
Per Guerini e soci, non bisogna in nessun modo lasciare spazio ad una «sterile resa dei conti col passato». Dopo la spaccatura degli europarlamentari per il voto sul Riarmo UE e dopo il caos nell’ultimo Congresso in Sicilia, lo stato di salute della Segreteria Schlein è tutt’altro che invidiabile…