Cosa succede se vince il Sì o il No al Referendum 2025 sulla cittadinanza: quesito n.5 (scheda gialla), le conseguenze e gli scenari dopo i risultati
DI COSA PARLA IL REFERENDUM SULLA CITTADINANZA E COSA SUCCEDE SE VINCE IL SÌ
Capire cosa succede se vince il Sì o il No al Referendum 2025 sulla cittadinanza è probabilmente la tematica più “semplice” a livello formale, ma più complessa per la portata politica, dell’intera tornata di quesiti referendari dell’8-9 giugno 2025. Il più chiacchierato, sicuramente il più “divisivo” dei 5 quesiti, l’unico che non riguarda il tema del lavoro, il Referendum 2025 sulla cittadinanza si appresta ai risultati nelle prossime ore per capire se il quorum sarà superato e se dunque potrebbe essere modificata parte della legge su come divenire cittadini italiani.
Come noto per il Referendum popolare abrogativo, affinché sia valido, serve che almeno il 50% più uno degli aventi diritto di voto si presentino alle urne e ritirino la scheda del singolo quesito: a quel punto, passato il quorum, si dovrà osservare chi avrà prevalso tra il Sì e il No pur sapendo che ormai da decenni i sostenitori del No alle tornate referendarie puntano dritti sul fallimento dell’affluenza.
Per quanto riguarda il Quesito n.5 (scheda Gialla) dei Referendum popolare 2025 la legge che si richiede di abrogare è la n.91 del 5 febbraio 1992, ovvero quella che dirime le regole sulla cittadinanza: l’articolo 9 è quello messo nel “mirino” dai proponenti del Referendum (Cgil e Partito Democratico) cercando di modificarne la parte che prevede la durata di 10 anni per un cittadino regolare straniero in Italia prima di richiedere la cittadinanza.
Se dovesse vincere il Sì – dunque con quorum superato alle urne – il Referendum sulla cittadinanza cancellerebbe parte della legge attuale dimezzando gli anni necessari e portandoli a 5 per il via libera al passaporto italiano: anche osservando il titolo del Quesito n.5 – «Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario» – emerge con più chiarezza il contenuto della presunta abrogazione, rispetto agli altri 4 Referendum su materia lavoro.
Se è vero che con la vittoria del Sì comunque non verrebbero modificati gli altri requisiti per divenire cittadini italiani (ovvero la conoscenza dell’italiano, il reddito stabile, la fedina penale pulita e permesso di soggiorno regolare), con il dimezzamento dei tempi per la cittadinanza mutuerebbe anche un’altra importante conseguenza: anche i figli minorenni diverrebbero automaticamente cittadini italiani, mentre rimane immutata la procedura di richiesta per la cittadinanza (attorno ai 2-3 anni).
QUESITO N.5 (SCHEDA GIALLA): TRA “NO” E QUORUM FLOP, COSA SUCCEDE CON LA LEGGE INVARIATA SULLA CITTADINANZA
Con la vittoria del Sì al Referendum 2025 sulla cittadinanza si avrebbero ad oggi circa 2,3 milioni di persone italiane in più, tra richiedenti e figli minorenni: la proposta del quesito n.5 è quella di modificare l’articolo 9 della legge sulla cittadinanza che aveva più di 20 anni fa alzato il termine del soggiorno legale ininterrotto nel nostro Paese per poter presentare la domanda di cittadinanza. Con ovvia conseguenza logica, se invece dovessero vincere il No – o comunque non bastare l’affluenza finale nei risultati del Referendum abrogativo n.5 – ecco che i termini di legge rimarrebbero invariati ad oggi, con 10 anni di tempistica richiesta per accedere alla cittadinanza italiana.
Le ragioni del No al referendum sulla cittadinanza si fondano in sostanza sul fatto che già oggi è possibile per i cittadini stranieri – anche prima di essere italiani a tutti gli effetti – avere ogni tipo di diritto e dovere in quanto regolarmente soggiornante e lavorante in Italia: l’unico elemento effettivo che mancherebbe è la possibilità di votare alle varie Elezioni, partecipando della vita democratica.
Non solo, vista la difficoltà negli ultimi anni dell’integrazione con le varie “seconde generazioni” di immigrati regolari nel nostro Paese, i sostenitori del No-boicottaggio del quorum ritengono che inserire in “blocco” un numero molto alto di minori improvvisamente cittadini italiani (per effetto del dimezzamento dei tempi per i genitori, ndr) potrebbe comportare problematiche già viste sullo scontro politico nato dalla proposta (finora ancora non giunta in Parlamento) dello ius soli, ovvero il diritto di cittadinanza per chiunque nasca sul territorio di uno Stato.