Il Regno Unito e l’UE sembrano essere pronti – dopo nove lunghi anni di parziale separazione – a rilanciare i rapporti, con il premier britannico Keir Starmer che proprio nella mattinata di oggi ha ospitato a Londra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la sua vice Kaja Kallas (responsabile della diplomazia) e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa per discutere di un nuovo accordo di collaborazione: dal canto di Starmer si tratta, in un certo senso, del mantenimento di una promessa fatta in campagna elettorale, quando si disse intenzionato a rilanciare i rapporti tra il Regno Unito e l’UE; mentre, al contempo, il vertice avrebbe attirato non poche critiche da parte dell’opposizione e – in particolare – del leader di Reform, Nigel Farage.
Partendo dal principio, è bene sottolineare che attualmente gli effetti della Brexit sul tessuto economico del Regno Unito stanno creando non pochi problemi: le imprese, infatti, sarebbero in affanno per le maggiori difficoltà riscontrate nel commerciare con i partner europei e per la contestuale difficoltà a trovare nuovi mercati per le loro merci, mentre anche la finanza londinese – fondamentale per il PIL britannico – ne starebbe uscendo fortemente ridimensionata; il tutto con un impatto economico stimato a circa 30 miliardi di sterline impiegati fino ad oggi per attutire gli effetti dell’uscita dall’Unione Europea.
Cosa prevede l’accordo tra Regno Unito e UE: superato l’isolamento autoimposto dalla Brexit
Conscio di questi dati – e fortemente europeista nel suo ideale politico – l’attuale premier del Regno Unito, in campagna elettorale, aveva appunto annunciato l’intenzione di rilanciare i rapporti con l’Unione Europea, e proprio oggi si è mosso il primo passo in questa direzione: i contenuti effettivi dell’accordo non sono stati ancora resi completamente noti (e tra poco arriveremo alle indiscrezioni in merito), ma nel frattempo è certo che nella mattinata di oggi sia stata raggiunta un’intesa tra i 27 e il Regno Unito.
Complessivamente, i pilastri dell’accordo Regno Unito–UE sembrano essere soprattutto tre: il fulcro ruota attorno a una reciproca apertura sul tema della Difesa, con Londra che chiede di poter accedere ai 150 miliardi europei e Bruxelles che vuole maggiore cooperazione produttiva; non manca poi una revisione degli accordi sulla libera pesca nelle reciproche acque territoriali, che sono stati prorogati fino al 2038, semplificando anche le procedure di controllo delle merci – soprattutto fitosanitarie – alla dogana; il tutto con riferimenti anche al mercato dell’energia, con dettagli che non sono ancora stati resi noti.
Resta incerto il tema della mobilità giovanile, chiesto a gran voce da Bruxelles e al centro delle forti critiche dell’opposizione a Starmer – in particolare con Farage, che parla di vero e proprio “tradimento” degli ideali della Brexit –: l’idea sarebbe quella di concedere più facilmente agli under 30 i visti per accedere al Regno Unito in qualità di studenti o lavoratori, accompagnata anche da una riduzione delle tasse universitarie per gli stranieri e forse da una semplificazione delle procedure transfrontaliere; senza, tuttavia, tornare alla piena mobilità dei cittadini tipica dell’Unione Europea.