Il Remdesivir può rappresentare davvero una speranza contro il Coronavirus? Dopo che negli ultimi giorni sembrava che -come rivelato dal Financial Times- le speranze di aver trovato una cura per favorire la guarigione dal Covid-19 fossero tramontate a causa del flop di alcuni test, l’antivirale basato sull’omonima molecola e prodotto dalla Gilead, colosso dell’industria farmaceutica, è atteso al varco dato che secondo alcuni ricercatori non sono ancora arrivati i veri risultati preliminari dai test clinici ma nel giro di uno o al massimo due settimane si dovrebbe avere una idea più chiara sulla sua reale efficacia. A spiegarlo è la CNN che ha sentito il dottor Andre Kalil, uno degli studiosi coinvolti nella ricerca, secondo cui per dei risultati affidabili bisognerà attendere almeno la metà di maggio: come è noto il Remdesivir era stato testato originariamente dalla Gilead come un trattamento anti-Ebola e aveva mostrato segnali incoraggianti pure contro il Coronavirus anche se i dati pubblicati fino ad ora hanno dato esiti contrastanti e al momento non lascerebbero sperare bene. A meno ovviamente di sorprese che potrebbero arrivare dal nuovo studio portato avanti dal National Institutes of Health statunitense e che si baserebbe anche se un confronto incrociato tra i pazienti che sono stati trattati con questo antivirale e gli altri.
REMDESIVIR, FARMACO ANTI CORONAVIRUS: ATTESI ESITI TEST CLINICI
Questa sottolineatura è importante dal momento che servirebbe a rendere i risultati dello studio e dei test clinici preliminari molto più credibili, al fine di valutare meglio l’efficacia del Remdesivir (il cui presunto flop era stato svelato dal Finanzia Times a causa di un “leak” involontario da parte dell’OMS) contro il nuovo Covid-19. Nel nuovo studio, secondo Kalil, sono state coinvolte inoltre molte più persone anche se il numero totale non è stato comunicato ma si aggirerebbe attorno alle 600 unità: secondo alcune altre indiscrezioni lo studio procederebbe spedito e, bruciando le tappe, i risultati potrebbero essere comunicati presto e nel giro, come accennato, di un paio di settimane al massimo. Nella ricerca i cui trial sono cominciati presso il Medical Center dell’Università del Nebraska, sarebbero inclusi pazienti da Paesi di tutto il mondo, tra cui Germania e Corea del Sud, ovvero due tra gli Stati maggiormente colpiti dalla pandemia. “È tempo di arrivare a dei risultati clinici certi, non è più il momento di tirare a indovinare per cui se il farmaco funziona, bene, altrimenti lo elimineremo dai trial clinici e proveremo altre terapie” ha concluso Kalil parlandone alla CNN.