Gentile Direttore,
leggendo l’articolo dal titolo “L’Amazzonia brucia? Colpa della bresaola/ Tra deforestazione e import di carne bovina” siamo rimasti molto colpiti non dal ragionamento che si fa, ma dalle conclusioni alle quali si arriva. Si cita la Bresaola IGP della Valtellina indicandola in maniera esplicita come uno dei prodotti corresponsabili della deforestazione, spiegando che il settore utilizza la metà della carne bovina importata dal Brasile, pari a 13.000 tonnellate nel 2018. E poi si fornisce una soluzione che dovrebbero adottare i consumatori: scegliere chi può certificare (tramite enti terzi) che i prodotti non contribuiscono alla deforestazione, come fatto precedentemente con l’olio di palma. Peccato però che è vero esattamente il contrario di quello che si lascia credere.
1) I volumi di carne che i produttori del Consorzio importano dal Brasile, anche se la cifra di 13.000 tonnellate potrebbe sembrare ingente, corrispondono allo 0,2% del totale dei bovini da carne prodotti dal Paese sudamericano. È un quantitativo irrisorio, lungi dall’essere rappresentativo. Anche i dati Trase (trase.earth), che registrano il peso dei singoli Paesi in termini di rischio/opportunità e in relazione alla sostenibilità della carne brasiliana, attribuiscono al nostro Paese un punteggio estremamente basso (2,2%). Detto in altro modo, l’Italia, solo teoricamente e potenzialmente, potrebbe incidere sul problema, in base ai volumi importati, al massimo per il 2,2%.
2) Non esiste alcuna prova che la carne utilizzata per realizzare la Bresaola della Valtellina IGP provenga da allevamenti che pascolano in aree sotto l’embargo dell’Ibama. L’equazione, carne importata dal Brasile uguale contributo alla deforestazione, è una generalizzazione che non fa onore al livello approfondito e accurato delle inchieste. Se non lo si può dimostrare, non va detto e non va scritto.
3) Ma soprattutto, elemento più rilevante del nostro ragionamento, non si spiega che circa la metà della carne che i produttori del Consorzio importano dal Brasile in effetti, già oggi, è certificata, proprio come viene richiesto, come proveniente da aree non deforestate dell’Amazzonia. A partire dal 2015 è stato avviato un programma di accurata selezione dei fornitori che prevede visite sul campo da parte di ispettori qualità delle nostre aziende e di un ente indipendente quale il CSQA (tra i più autorevoli in fatto di certificazione) con l’obiettivo di offrire garanzie, innanzitutto a noi e poi al consumatore, su qualità della carne, impatto sul territorio e benessere animale.
Siamo certi che ci sia buona fede nella ricostruzione non corretta che è stata fatta e che, probabilmente, non conoscevate le informazioni che ora abbiamo fornito, ma va tenuto conto anche che un’informazione distorta comporta un danno d’immagine con ricadute negative sul comparto produttivo e quindi sul territorio di cui esso è diretta espressione. Per questa ragione siamo anche certi che vorrete dare spazio a questa nostra richiesta di rettifica delle informazioni contenute nell’articolo, nell’interesse stesso della rubrica e della testata che la ospita.
Il Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina