I dati SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) sul commercio mondiale di armi ci fanno comprendere in pieno il detto secondo cui il denaro non ha odore. SIPRI ci fa anche vedere due facce opposte e poco conosciute delle guerre che stanno divampando alle porte dell’Europa.
La guerra ucraina, che sta assorbendo tutte le energie dell’apparato industriale militare russo, ha fatto crollare le esportazioni di armi. Tra il 2019 e il 2023, secondo SIPRI le esportazioni russe sono diminuite del 50% rispetto al quinquennio precedente. La Jamestown Foundation, altro ente statistico, riporta un calo ancora più drastico (-92%) tra il 2021 e il 2024, dovuto a sanzioni, inflazione e risorse dirottate sul conflitto ucraino.
Ma i conflitti non hanno lo stesso effetto su tutti i belligeranti. A differenza di Mosca, infatti, a Tel Aviv hanno beneficiato del terreno lasciato scoperto ed hanno conquistato mercati tradizionalmente dominati dalla Russia, come India e Paesi arabi.
Israele, infatti, nel 2024 ha raggiunto i 14,8 miliardi di dollari di esportazioni in armi con aumento del 13% sui 13 miliardi del 2023. Questo nonostante l’impegno bellico nella Striscia, in Siria, Libano, Iran e Yemen e con il crescente isolamento dovuto alle accuse di genocidio a Gaza.
Anzi, le varie operazioni in Medio Oriente possono aver incrementato la domanda per le tecnologie militari israeliane, grazie alle ottime performance operative ottenute. Si tratta principalmente di sistemi di difesa aerea che rappresentano il 48% delle vendite, seguiti da veicoli e piattaforme blindate (9%), sistemi radar e aerei (8%), velivoli con equipaggio e avionica (8%). Le esportazioni di droni e UAV costituiscono una parte significativa, storicamente attorno al 25%.
Secondo il ministero della Difesa israeliano, “è la cifra più alta mai registrata”. Più dettagliatamente si nota che le vendite sono più che raddoppiate negli ultimi cinque anni, trainate da fattori come l’aumento dei bilanci per la difesa in Europa, vista la guerra in Ucraina, e la domanda di tecnologie militari testate in conflitti.
L’Europa è il principale mercato di sbocco per le armi ebraiche, ed ha assorbito il 54% delle esportazioni nel 2024, per quasi 8 miliardi di dollari, rispetto al 35% del 2023. Solo la Germania ha chiuso un accordo da 3,8 miliardi di dollari per avere il sistema di difesa aerea Arrow 3. Israele è il secondo esportatore di armi in Regno Unito e Germania, e ha fornito il 7% e il 13% delle loro importazioni di armamenti tra il 2020 e il 2024. Solo la Spagna dopo la guerra a Gaza ha cancellato forniture militari israeliane per circa 330 milioni di dollari.
L’Asia assorbe il 23% delle esportazioni. L’India è il secondo importatore di armi del mondo e attinge da Israele per il 13% del suo fabbisogno. Nelle Filippine, Israele, copre il 27% del fabbisogno di armamenti. I Paesi arabi, in particolare quelli degli Accordi di Abramo (Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Marocco e Sudan), assorbono il 12% delle esportazioni, con contratti per 1,8 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda l’Italia, nel 2024 si registrano secondo il ministero della Difesa esportazioni per 3 milioni di euro. Ufficialmente si trattava di spolette e sensori di prossimità per proiettili di artiglieria rispediti in Israele per la distruzione. L’Italia ha anche acquistato armamenti da Israele per 154 milioni di euro. Non è possibile approfondire oltre vista la riservatezza che copre queste trattative e la scarsa trasparenza degli atti contrattuali.
Si dice che il saggio faccia di necessità virtù e siamo sicuri che il popolo ebraico sappia applicare questo proverbio alla lettera. Qui possiamo dire, se ve ne fosse ancora bisogno, che la guerra per molti porta la morte. Ma per qualcuno si sta dimostrando un ottimo affare.
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