L’idea di introdurre il riconoscimento facciale in aeroporto in Italia non convince. Il motivo è da ricondurre soprattutto alla gestione dei dati biometrici. Che fine faranno dopo essere stati utilizzati per accertarsi che la persona che sta superando i controlli è la stessa a cui è intestato il biglietto? È, come riportato dal Sole 24 Ore, una delle domande che si stanno facendo in molti dopo che il New York Times ha lanciato l’indiscrezione nei giorni scorsi.
Il sistema in questione è infatti già in uso in diversi aeroporti d’Europa. Il riconoscimento facciale, tuttavia, non viene usato per velocizzare i controlli, bensì per confrontare in modo accurato la fotografia stampata sul documento d’identità con la persona in carne e ossa, a cui viene scattata un’altra fotografia sul momento. Dopo la verifica, entrambe le immagini vengono cancellate. In questo caso, invece, si parla di superare questo step, sfruttando la C.I. o il passaporto caricati nel sito della compagnia al momento dell’acquisto del biglietto. In questo modo si risparmierebbe diverso tempo.
Riconoscimento facciale in aeroporto, nodo dati biometrici: come funziona negli Usa
La questione della privacy connessa ai dati biometrici usati per il riconoscimento facciale in aeroporto preoccupa in molti, sebbene di conseguenze concrete nei fatti ce ne siano ben poche. Anche perché le fotografie praticamente di chiunque sono già fruibili in rete. Sarebbe comunque necessario creare una normativa ad hoc. In Europa il Gdpr stesso comunica che servono un’informativa e delle precauzioni specifiche. Gli Stati Uniti in tal senso ci vengono in aiuto.
Oltreoceano infatti questo sistema viene già utilizzato, coi dati biometrici che vengono cancellati a distanza di 12 ore dai controlli. Ciò però vale esclusivamente per i cittadini americani. Per gli altri, rimangono in sistema per qualche decina di anni. Il perché non è ben spiegato, ma facilmente intuibile. È anche in virtù di ciò che probabilmente qualcuno nutre ancora dei dubbi.