Tra i provvedimenti che il Governo dovrà varare entro la fine del mese c’è anche la legge delega sulla riforma fiscale, per predisporre la quale l’esecutivo potrà contare sul dossier messo a punto dalle commissioni Finanze di Camera e Senato che raccoglie i contenuti delle audizioni sul tema tenutesi nei mesi scorsi. Il documento è stato criticato per la mancata indicazione delle coperture ai provvedimenti auspicati, ma Luigi Marattin, Presidente della commissione Finanze della Camera, in un’intervista a Repubblica ha evidenziato che l’indagine conoscitiva presentata “non è un disegno di legge che deve essere bollinato dalla Ragioneria.
Le scelte poi dovrà farle il Governo”. Tuttavia, secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, non è questo il vero punto critico del dossier, che definisce «ben fatto, nel quale si tende a valorizzare una modalità di tassazione che favorisca gli investimenti e si ricorda l’importanza di contrastare l’evasione fiscale, ma che si concentra troppo sull’Irpef a discapito di altre entrate come le imposte indirette o i contributi sociali».
E questo l’unico rilievo che ha da muovere sul documento?
No. Purtroppo emerge la mancanza di volontà di procedere a una riforma del catasto. Vero è che è un processo che richiede tempo, ma sarebbe importante avviarlo perché una volta completato potrebbe aiutare moltissimo a introdurre criteri di equità nel sistema. Anche perché stiamo parlando di un’area in cui evasione e abusivismo sono, specie in alcune aree del Paese, piuttosto fiorenti. L’impressione che si trae è che la revisione del catasto sia generalmente sgradita.
Forse perché mettere mano al catasto può portare a un aumento delle imposte per i proprietari di immobili più vecchi e situati nei centri storici.
La riforma del catasto rappresenterebbe un segnale di rinnovamento importante che potrebbe riequilibrare non poco il sistema, sia per quel che riguarda l’equità orizzontale, sia per quanto concerne l’equità verticale. Si affronterebbe finalmente una questione delicatissima e fondamentale, che è stata trascurata nel corso dei decenni, non solo in Italia: quella della rendita. Se non si va a intaccare la rendita, è impossibile fare molta strada. Ho notato poi un’altra mancanza nel documento delle commissioni.
Quale?
Esiste l’imposizione fiscale in quanto poi esiste un’erogazione, la cosiddetta spesa pubblica, con cui si finanziano sia il cosiddetto Stato minimo (difesa, giustizia, ecc.) che lo Stato sociale, in cui rientrano, tra le altre, istruzione e sanità. Mi pare che questo documento non tenga collegate le entrate con le uscite, cosa che invece bisognerebbe fare perché vedo incombere un pericolo.
A che cosa si riferisce?
In passato, soprattutto negli Stati Uniti, si tendeva a seguire una policy riassunta nel motto “starving the beast”, affamare la bestia. L’idea era che diminuendo le entrate, cioè affamando la bestia, a quel punto sarebbe stato inevitabile ridurre le spese. Non vorrei che tramite questo dossier si arrivasse a trovare un accordo sulla mera riduzione delle entrate, andando così ad affamare la bestia.
Quello che dice si lega alla critica sulla mancanza di coperture dell’indagine conoscitiva…
Sì, ma in questo caso la questione è più seria, perché già nell’ultimo decennio la spesa pubblica in termini reali è diminuita. Io vedo con un certo sospetto l’ingresso di una mentalità puramente aziendale nell’erogazione di servizi nel campo della sanità o nell’istruzione, perché c’è il rischio che chi non ha le risorse non possa accedere a servizi importanti: non solo relativi alla salute, ma anche alla crescita del cosiddetto capitale umano dell’Italia. Il ragionamento andrebbe quindi ribaltato: bisognerebbe stabilire che tipo di Stato sociale si vuole, determinando quindi la spesa, e poi lavorare sul lato delle entrate per trovare una copertura. O anche adottare dei provvedimenti innovativi.
Per esempio?
Si possono pensare strumenti che tengano conto dei servizi di welfare aziendale forniti per determinare il reddito di impresa soggetto poi a imposizione fiscale.
Vede altri spunti interessanti o aree di miglioramento in quanto contenuto nell’indagine conoscitiva?
Si coglie una generalizzata richiesta di semplificazione, un termine che può sembrare banale, ma non lo è affatto. Per esempio, si evidenzia l’esistenza di troppe spese fiscali e se ne chiede una razionalizzazione. Ma occorre prestare attenzione, perché alcune di esse sono diventate una modalità privata per risolvere un problema pubblico.
Cosa intende dire?
Nel momento in cui il sistema pubblico non è in grado di garantire una visita medica o un esame diagnostico in tempi utili, il cittadino può trovarsi costretto a ricorrere al sistema privato, consapevole, però, che può essere almeno in parte “rimborsato” tramite la detrazione delle spese sostenute. È dunque importante che dopo la stesura di questo dossier, che ripeto è ben fatto, diventi più chiaro qual è l’obiettivo che ci si vuol dare con la riforma fiscale e che non si trascuri il collegamento tra entrate fiscali e spesa pubblica, anche perché ci avviciniamo al momento in cui bisognerà decidere cosa fare del Patto di stabilità e non è il caso di farsi trovare impreparati.
(Lorenzo Torrisi)
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