Riforma della giustizia, il doppio richiamo di Pinelli (Csm): "Magistrati non facciano politica, basta bulimia di leggi". Ma Anm tira dritto

PINELLI AL CONGRESSO DI AREA DEMOCRATICA PER LA GIUSTIZIA

La prima giornata del quinto Congresso di “Area democratica per la Giustizia”, la corrente progressista della magistratura italiana, è stata caratterizzata da uno scontro tra le posizioni del vicepresidente del CSM Fabio Pinelli e l’Associazione Nazionale Magistrati rappresentata dal presidente Cesare Parodi. Il primo ha fatto un doppio richiamo, uno ai magistrati, per il rischio di politicizzazione; l’altro alla politica, per l’uso eccessivo e populista del diritto penale.



I magistrati non possono e non devono assumere il ruolo di parte all’interno dei conflitti politici o sociali“, il monito di Pinelli, secondo cui le toghe non devono diventare attori politici, né partecipare allo scontro pubblico sul referendum o sulla riforma.

Il Congresso, infatti, cade in un momento particolare, alla vigilia della riforma della giustizia voluta dal governo, che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. La riforma, dopo l’approvazione parlamentare, andrà a referendum nella prossima primavera.



Fabio Pinelli, vicepresidente del Csm (ANSA 2025, Massimo Percossi)

I magistrati devono restare neutrali, imparziali, lontani dalle lotte di potere, perché se la magistratura entra nel dibattito politico, perde la sua autorevolezza e legittimità. Ma Pinelli si è rivolto anche alla classe politica, denunciando “bulimia panpenalistica“, “illusione repressiva” e l’esistenza di un “diritto penale della paura“.

Per il numero due del CSM la politica fa troppe leggi penali, crea nuovi reati e pene sull’onda emotiva, ma così si produce un uso distorto del diritto penale che non tutela i cittadini, ma serve solo a fare propaganda o generare consenso.



DAI MAGISTRATI ALLA POLITICA: IL DOPPIO RICHIAMO DI PINELLI

L’intervento di Pinelli è, in generale, una riflessione profonda sul rapporto tra diritto e forza, e su come questo rapporto definisca la qualità democratica di uno Stato. Proprio l’equilibrio tra questi due poli è la garanzia della democrazia: se la forza supera il limite si trasforma in violenza, se il diritto perde i suoi limiti si trasforma in potere arbitrario. Quindi, il diritto è una forma di controllo sulla forza, che però rischia ora di tornare a dominare secondo Pinelli.

Infatti, osserva che nelle democrazie moderne può ritornare sotto diverse forme, anche con il diritto penale. Ed è a questo punto che denuncia l’abuso del diritto penale, la cosiddetta “bulimia panpenalistica“, leggi sull’onda emotiva, non razionale. L’emergenza è diventata regola: si punisce più per rassicurare che per garantire giustizia. Così però si genera una società più divisa, non più sicura.

I vertici di Csm e Cassazione al Quirinale con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (ANSA 2025, Quirinale)

Proprio la debolezza della politica ha portato i giudici a “supplire” all’azione politica, però così la magistratura rischia di trasformarsi in una nuova forma di potere. Se il giudice diventa un “decisore politico”, non garantisce più il diritto: esercita forza. Pinelli solleva un altro aspetto, quello dell’interpretazione giudiziaria: se la legge è spesso incerta o incompleta, il giudice non deve solo interpretare, ma decidere. Così la norma diventa fluida, e la certezza del diritto si indebolisce.

Come nella politica, anche nella magistratura si configura il rischio di una forza sbilanciata, e gli esempi non mancano tra intercettazioni, misure cautelari, sequestri. Per il vicepresidente del Csm, il giudice deve essere custode del limite, non parte del conflitto politico. Anche nella giustizia, il rispetto reciproco tra poteri dello Stato è essenziale per la democrazia, che vive nell’equilibrio tra forza e diritto, quindi la magistratura deve custodirne i confini, non esercitare potere.

ANM TIRA DRITTO: “NON FERMATECI”

Nella sua replica, Parodi difende il diritto dei magistrati a parlare pubblicamente contro la riforma della giustizia. “Se useranno la minaccia dell’azione disciplinare per fermare le nostre parole, io sarò il primo a denunciarmi“. Il presidente dell’Anm rivendica il dovere dei magistrati di spiegare ai cittadini perché dicono no alla riforma. Una bocciatura non legata a una difesa di privilegi, ma del sistema attuale, che secondo loro garantisce indipendenza e diritti dei cittadini.

Invece, chi prova a “zittirli”, aggiunge Parodi, vorrebbe limitare la libertà di espressione dei magistrati. Nel mezzo si inserisce l’ex pm di Mani pulite Gherardo Colombo, che nel suo intervento richiama il tema della riconciliazione come valore costituzionale e invita a un clima meno aggressivo, più dialogico.