La riforma pensioni 2023 è a un punto fermo anche se il miglioramento dell’economia italiana (che ha presentato una crescita superiore alle aspettative) potrebbe spingere il governo ad accelerare il disegno di una legge strutturale: a tal proposito è stato infatti istituito l’osservatorio sulla riforma pensioni, che ha il compito di definire che impatto potrebbero avere le varie proposte avanzate sui tavoli ministeriali.
Riforma pensioni 2023: l’innalzamento delle pensioni minime proseguirà?
Ma intanto l’Italia procede e crea un’asincronia giuridica, soprattutto tra chi percepisce redditi minimi. Se infatti il governo Meloni ha deciso di innalzare le pensioni minime portandole a 600 euro grazie alla precedente legge di bilancio 2023 e ha promesso, soprattutto grazie all’intervento di Forza Italia e di Silvio Berlusconi, di portare, prima o poi, le pensioni minime a 1000 euro. Ma affinché si arrivi a ciò, occorre strutturare radicalmente il sistema previdenziale con una riforma pensioni 2023, una mission quasi impossible se pensiamo ai tanti problemi che l’Italia sta affrontando in questo momento: dal rincaro delle materie prime energetiche che ha finito per creare una sofferenza all’interno dei comparti produttivi industriali, all’inflazione sempre crescente che ha causato una rivalutazione degli assegni mensili dell’8,1% (che si applica anche a tutte le altre misure di welfare n.d.r.).
Le altre sofferenze economiche però hanno una proiezione a medio e lungo termine: infatti secondo recenti studi nel 2035 ci saranno in Italia più pensionati che lavoratori, mentre nel 2050 il costo del sistema previdenziale avrà un peso maggiore in rapporto al PIL. La riforma strutturale delle pensioni dunque deve essere orientata sia alla sostenibilità dello stesso, in rapporto anche alle direttive di Bruxelles, sia alle ingerenze delle categorie sociali e sindacati che prima rivendicavano una exit a 64 anni e poi hanno finito per plaudire alla proposta di quota 41 universale che, di fatto, proroga la exit per alcune categorie caratterizzate da discontinuità contributiva (non solo giovani, ma anche over ’50, n.d.r.).
Riforma pensioni 2023: impignorabilità a 1006 euro
Di fronte a questo mare di contraddizioni e di rebus, bisogna anche trovare le risorse per innalzare le pensioni minime. Intanto la lancetta verso i mille euro al mese, si sposta per l’impignorabilità degli assegni mensili: prima questa consisteva nella cifra che consisteva in 1,5 volte l’assegno minimo che, dopo i rincari del 2022 è passato a 503 euro mensili con la rivalutazione dell’8,1% sulla base dell’indice perequativo.
Ebbene, a questo punto l’innalzamento delle minime diventa un argomento centrale visto che le minime in Italia si fermano al tetto dei 600 euro, salvo diversa articolazione della legge strutturale per la riforma pensioni 2023.