Riforma pensioni 2024/ Approvazione Nadef “deludente”, altro che aumenti (29 settembre 2023)

- Danilo Aurilio

La riforma pensioni 2024 potrebbe prospettarsi male dopo l'approvazione della Nadef. Il Palazzo Chigi si ritroverebbe in un circolo vizioso e con le mani legate

palazzo chigi Palazzo Chigi (LaPresse)

La riforma pensioni 2024 potrebbe prospettarsi “peggio” di quella a cui pensavamo durante tutte le ipotesi pre approvazione del Nadef (nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza). Dopo il primo consenso del 27 settembre, la nuova Legge di Bilancio potrebbe essere in deficit economico.

La manovra previdenziale potrebbe essere prospettata mettendo sul piatto 20 miliardi di euro, molti meno rispetto a quelli destinati lo scorso anno (ben 15 in più, 35 miliardi di euro totali). Il quadro tuttavia, dovrebbe essere chiaro e definito, proponendo definitivamente alcune delle misure già supposte.

Riforma pensioni 2024: le misure da approvare e le novità

La riforma pensioni 2024 potrebbe prevedere nella quasi certezza, sia l’Ape Sociale (con Opzione Donna rivista) e Quota 103. Queste le misure che come già avevamo prospettato, potrebbero essere prorogate in modo definitivo.

Anche per i giovani il Governo Meloni vorrebbe attuare delle misure molto più agevolative: unire ad esempio, la pensione privata (incentivata), con quella pubblica, facendo cumulare gli importi cosicché si possa raggiungere più velocemente la pensione di vecchiaia (67 anni), oppure quella anticipata (64 anni).

Tra gli altri punti citati nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, non manca la proposta di Forza Italia, che mira inesorabilmente all’aumento delle pensioni minime (portandole a mille euro), e la Legge Fornero, che nonostante si voglia rimuovere, il rischio è quello di una proroga.

Aumenti nella riforma pensioni 2024: un “sogno” lontano

Che la riforma pensioni del 2024 possa garantire degli aumenti resta ancora una idea “utopistica”. Il problema di cui si è parlato tanto al Palazzo Chigi, è legato al poco spazio di manovra, e ai rischi che potrebbero essere associati ad una rivalutazione sull’inflazione globale.

L’idea del Governo è quella di garantire una indicizzazione piena soltanto alle pensioni più basse (come accade da 20 anni ad oggi), e lasciare la rivalutazione all’85% soltanto per quegli assegni che vanno dalle 4 alle 5 volte in più il minimo (ovvero ai 2.600€).





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