Nella riforma pensioni 2025 il Governo non si è mai pronunciato su quanto contenuto nelle nuove accuse della Cgil, ovvero di prevedere dei requisiti più restrittivi nei confronti del pensionamento anticipato.
Una notizia che sembra aver dato uno scossone ai sindacati e ai cittadini, anche se il presidente dell’INPS Gabriele Fava, ha smentito tale “diceria”. Il sindacato Cgil invece, pare essere certo dell’accusa nei confronti dell’ente, visto che presumibilmente questa misura è già inserita negli “applicativi” dell’ente.
Riforma pensioni 2025: cosa cambia nei prossimi anni?
La nuova riforma pensioni 2025 è scarna di contenuti, tranne per l’ultima indiscrezione promossa dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro, dal quale è emerso che tra due anni i requisiti per uscire prima dal lavoro saranno più severi.
Al momento dal Governo non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale, e questo significa che non ci potrà essere alcun adeguamento “a sorpresa”. Anche Claudio Durigon, sotto segretario al Lavoro, sembra smentire questo incremento dei requisiti anagrafici pari a tre mesi, confermando le attuali misure di flessibilità.
I limiti odierni sono stati bloccati fino all’intero anno 2026 e in occasione della Quota 100. Per questo motivo pensare adesso al 2027 potrebbe “eccessivo”, anche se la Cgil ribadisce che i “3 mesi maggiorati” sono già negli applicativi dell’INPS.
Le parole del presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli, fanno pensare che tra un po’ di anni le aspettative della vita cresceranno, “costringendo” i lavoratori a lavorare per un periodo più lungo.
Per Cgil gli adeguamenti nuovi sono già pronti
Anche se dal Governo non è arrivata alcuna conferma, Cgil si reputa certa di ciò che ha detto: l’INPS avrebbe già inglobato nei suoi applicativi i nuovi requisiti in merito all’adeguamento delle aspettative di vita a partire dall’anno 2027.
Si attende una comunicazione ufficiale sulla supposizione di Cgil, che se così fosse significherebbe lavorare di più e versare più contributi.