RIFORMA PENSIONI 2025, I CONTI SULLA RIVALUTAZIONE
Tra le analisi in ambito previdenziale sul Documento di finanza pubblica approvato dal Governo che sono state fatte ne spunta anche una relativa alla rivalutazione delle pensioni che ci sarà l’anno prossimo. Come ricorda Il Messaggero, infatti, il Governo stima che l’inflazione porterà a un’indicizzazione degli assegni nel 2026 pari allo 0,8%, in linea con quella prevista per quest’anno, dal momento che non si prevedono “shock” sul lato dei prezzi come quelli che ci sono stati, in particolare, nel 2022 e nel 2023. Dunque, la rivalutazione dovrebbe portare a incrementi piuttosto modesti (8 euro nel caso di una pensione di 1.000 euro al mese). Inevitabilmente, quindi, si riaprirà la polemica relativa all’importo delle minime.
RIFORMA PENSIONI 2025, L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Su questo fronte è nota la promessa elettorale della maggioranza, in particolare di Forza Italia, circa la volontà di arrivare a innalzare le minime a 1.000 euro al mese. Tuttavia sembra difficile riuscire a trovare le risorse necessarie. E, vista l’entità della rivalutazione prevista, bisognerà probabilmente quanto meno pensare a un’indicizzazione “maggiorata” per le minime. Queste analisi smembrano tra l’altro confermare l’importanza di dotarsi di una pensione integrativa. Anche se, dall’indagine “Prepararsi alla pensione” di Acmakers, sembra che ben un terzo dei lavoratori non stia facendo nulla per cercare di avere un futuro previdenziale migliore, nonostante quasi i tre quarti prevedano che l’importo dell’assegno pensionistico non basterà a far fronte alle spese.
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