Scatta l’allarme dall’Anief, il sindacato del mondo scuola, ancora una volta contro le politiche del Governo in materia di pensioni: il direttore Marcello Pacifico chiede un’immediata riforma che punti ad abbassare l’età di pensionamento (come richiede il n.1 Cgil Landini) ma anche la rivalutazione dell’insegnamento tra i lavori gravosi e per cui “scontati” nell’uscita dal lavoro. In una lunga intervista a Teleborsa, il presidente del sindacato scuola Anief dopo le consultazioni con le parti sociali avviate dal Ministro Catalfo ha spiegato «Chiediamo innanzitutto di non allontanarci dall’Europa», ovvero una pensione in media sui 63 anni a fronte dei nostri dipendenti pubblici che al pensionamento ci arrivano a 67 anni. «Non capiamo per quale motivo i dipendenti pubblici devono essere penalizzati rispetto ai loro colleghi europei», spiega Pacifico a Teleborsa, aggiungendo poi «Per il personale della scuola, poi, bisognerà seguire attentamente la commissione sui lavori gravosi e a rischio burn-out (stressanti) per valutare lo stress da lavoro nel campo della didattica e più in generale nel campo della scuola, a carico sia del personale docente che del personale ATA». (agg. di Niccolò Magnani)
PENSIONI, GOVERNO PUNTA SULLA QUOTA 102
Il cantiere per la riforma delle pensioni è stato aperto ufficialmente da governo e sindacati. L’obiettivo è superare la legge Fornero e fornire regole certe per almeno il prossimo decennio. Il nodo è Quota 100, che scade alla fine del 2021. Se non si facesse nulla, aprirebbe la porta ad uno scalone, visto che dal primo gennaio 2022 non si potrebbe più andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi. Bisognerebbe quindi aspettare poi di compiere 67 anni o di raggiungere 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (un anno in meno per le donne). Stando a quanto riportato da Qui Finanza, il governo lavora su Quota 102, una flessibilità che parte da 64 anni più 38 di contributi. Per i sindacati però si tratta di una proposta irricevibile perché «un requisito così alto di anni di contributi taglierebbe fuori i giovani, che spesso hanno carriere discontinue, e le donne», spiega Roberto Ghiselli (Cgil). (agg. di Silvana Palazzo)
RIFORMA PENSIONI, CISAL CHIEDE VERIFICA LEGGI DINI E FORNERO
Al tavolo Governo-sindacati sulla riforma pensioni era presente anche la Cisal, il cui Segretario generale Francesco Cavallaro ha espresso soddisfazione per “un primo passo che, speriamo, possa portare ad una reale riforma del sistema previdenziale che risponda alle esigenze dei pensionati attuali e futuri”. Il sindacalista ha spiegato che “abbiamo ribadito la necessità di una profonda verifica delle riforme Dini e Fornero, dichiarandoci favorevoli ad una forma di previdenza complementare gestita dall’Inps, utile ad intercettare una vastissima platea di giovani lavoratori. Abbiamo confermato l’esigenza di separare la previdenza dall’assistenza rimanendo aperti al dialogo con il solito spirito costruttivo che da sempre contraddistingue la Cisal”. A margine del Consiglio generale della Cisl Lombardia, come riportato da Adnkrokos, Annamaria Furlan ha invece evidenziato la necessità di varare interventi mirati alla platea femminile, come riconoscere “un anno di contributi per ogni figlio, perché la maternità è un bene sociale”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CATALFO
Per Nunzia Catalfo, in tema di riforma pensioni “la priorità è superare la legge Fornero rendendo il sistema pensionistico italiano più equo e flessibile. Ieri abbiamo aperto il cantiere e fissato un cronoprogramma: cinque tavoli tecnici a febbraio, una prima verifica politica a marzo e in parallelo tre commissioni di esperti sui lavori gravosi, la separazione tra spesa per assistenza e previdenza e la terza per valutare l’impatto economico della riforma. Da parte mia non c’è alcun preconcetto sulle varie proposte. Al termine del percorso, il governo sceglierà. L’obiettivo è inserire la riforma nella Nadef di settembre, la nota di aggiornamento del Def e poi in manovra”. Intervistata da Repubblica, la ministra del Lavoro evidenzia anche l’importanza di varare un provvedimento sul salario minimo, senza il quale “5,7 milioni di giovani rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà”. Sono note però le riserve dei sindacati su questo argomento. La ministra dovrà quindi confrontarsi con le parti sociali anche su questo.