LA RICHIESTA DELL’UNADIS
Mercoledì prossimo è in programma il memorandum d’intesa in materia di lavoro pubblico alla presenza del ministro della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, L’Unione nazionale dei dirigenti dello Stato ha già avanzato delle proposte in tema di riforma pensioni. In particolare, Unadis evidenzia “la necessità per i dirigenti pubblici, di ministeri, presidenza del Consiglio dei Ministri e Agenzie, di poter scegliere se andare in pensione a 70 anni, come già previsto nel Milleproroghe per i medici e come è consentito ai magistrati e ai professori universitari”. Barbara Casagrande, Segretario generale dell’Unadis, ha spiegato che “per i dirigenti dello Stato chiediamo l’estensione di 2 criteri che vigono per i magistrati: 1) età pensionabile a 70 anni; 2) la possibilità di integrare il massimale contributivo volontariamente. Il lavoro dei dirigenti pubblici, al pari di quello dei magistrati e dei professori universitari, è soprattutto un lavoro intellettuale. Molte volte l’esperienza del dirigente che va in pensione viene richiesta dall’amministrazione, a titolo gratuito. Molti sono i dirigenti attualmente in pensione che ancora lavorano per la Pa, ma gratis”.
LE SOLLECITAZIONI DEI SINDACATI
In vista dell’appuntamento del 13 marzo tra Governo e sindacati, Segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Roberto Ghiselli, Ignazio Ganga e Domenico Proietti, evidenziano che “il governo non solo dovrà rispondere alla piattaforma unitaria di Cgil Cisl e Uil nel merito delle proposte e indicare gli interventi con cui l’esecutivo pensa di dare corpo alla riforma delle pensioni, ma soprattutto indicare quali e quante risorse è disposto a mettere in campo sciogliendo così il nodo maggiore della trattativa”. I sindacati sollecitano anche l’istituzione delle commissioni sui lavori gravosi e sulla separazione tra assistenza e previdenza. Ganga, dopo l’ultimo incontro relativo alla previdenza complementare, ha ricordato altresì che da parte di Cgil, Cisl e Uil ci sono “perplessità sul fatto che l’Inps debba cimentarsi sul secondo pilastro”, come di fatto è stato proposto nelle scorse settimane sia dal Presidente dell’Inps Pasquale Tridico che dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. Vedremo se le istanze sindacali saranno accolte.
NUOVO INCONTRO GOVERNO-SINDACATI IL 13 MARZO
Dopo l’incontro di ieri sulla previdenza complementare, Governo e sindacati hanno fissato per il 13 marzo una verifica politica sulla riforma pensioni. “Il 13 marzo il Governo comincerà a dirci come la pensa e a quel punto potrà partire la trattativa vera. È positivo che sia stata fissata una data e che l’esecutivo si sia impegnato a dire se le nostre proposte sono sostenibili”, ha detto Roberto Ghiselli, Segretario confederale della Cgil, auspicando che la trattativa si possa concludere prima di quanto indicato dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ovvero il mese di settembre. Il sindacalista ha anche aggiunto che “nel Def dovranno essere indicate le risorse che consentiranno l’avvio della riforma”. La Cgil, via Twitter, a proposito della previdenza complementare, evidenzia che essa “va garantita a tutti, è un’opportunità per le lavoratrici e i lavoratori e per il Paese. Per questo occorre favorire le libere adesioni, soprattutto tra le nuove generazioni, attraverso un semestre di silenzio assenso e una campagna informativa istituzionale”.
GUALTIERI: PENSIAMO AL DOPO QUOTA 100
Sono arrivate nuove dichiarazioni di Roberto Gualtieri in tema di riforma pensioni. Il ministro dell’Economia, ospite della trasmissione di Radio Capital “Circo Massimo”, ha infatti detto, come riporta Italpress, che “su Quota 100 ho una posizione critica, ha usato troppe risorse pubbliche per poche persone. Non cambieremo niente in corsa, bisogna pensare al dopo. Dobbiamo cercare in modo equilibrato di correggerla e migliorarla”. Intanto, durante l’audizione in commissione Finanze del Senato sul decreto fiscale, il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, ha evidenziato che “l’intervento previsto dal decreto legge rafforza il vantaggio fiscale, già prodotto dal bonus 80 euro, del lavoratore dipendente rispetto al pensionato, sia nell’area di imposta negativa (non prevista per i pensionati), sia per redditi superiori e fino a 40.000 euro (con differenze di quasi dieci punti di aliquota in corrispondenza di 15.000 euro di reddito e di circa 4,5 punti in corrispondenza di 30.000 euro)”.
L’INIZIATIVA DI ASSOPREVIDENZA E CNDEC
Nell’ultimo tavolo tra Governo e sindacati in tema di riforma pensioni si è parlato di previdenza complementare. Sull’argomento val la pena segnalare che Assoprevidenza e Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (Cndcec) hanno creato il “Centro di tutela dei diritti degli azionisti istituzionali”, un’associazione che intende “contribuire alla promozione, al coordinamento e allo sviluppo della partecipazione attiva degli investitori previdenziali e assistenziali nella vita corporativa delle società quotate in cui investono, un’attività che si collega direttamente anche all’applicazione dei criteri Esg”. Come riporta eticanews.it, il Centro vuole creare “un Decalogo che consenta all’investitore previdenziale e assistenziale di definire la propria strategia in materia di esercizio dei diritti di voto tenendo conto di aspetti fondamentali della gestione della società in cui è azionista”. La nascita di questo Centro arriva dopo il lancio di Assodire, Associazione degli investitori responsabili, costituita da Cassa forense (avvocati), Enpam (medici e dentisti) e Inarcassa (architetti e ingegneri).
RIFORMA PENSIONI, LE AFFERMAZIONI FALSE
La Fondazione Anna Kuliscioff ha diffuso un documento interessante nel momento in cui si è tornati a parlare di riforma pensioni, tramite Mercato del lavoro news n. 63, che inizia con queste parole: “In occasione dell’apertura del confronto tra Sindacati e Governo sulle pensioni è opportuno fare un po’ di chiarezza rispetto alla realtà del sistema previdenziale e in particolare fare un check ad alcune delle affermazioni che vengono diffuse e acriticamente accettate per conferire adesione emotiva alle rivendicazioni”. In particolare viene spiegato che è falso affermare che “il pensionato italiano è quello che paga le tasse più alte”. Infatti, “calcolando l’importo medio delle pensioni al tasso di sostituzione (ossia la percentuale del trattamento pensionistico rispetto alla retribuzione del lavoratore attivo), l’aliquota media di tasse e contributi pagate dai pensionati italiani è stata del 22% nel 2018, contro il 31% dei lavoratori attivi”.
I RISCHI DEL PENSIONAMENTO ANTICIPATO
“Altro gettonatissimo argomento quello per cui la spesa pubblica per pensioni in Italia sarebbe inferiore alla media europea. Falso!”, si legge ancora. Mentre “è verissimo che i contributi previdenziali italiani sono, senza avversari, i più alti al mondo”. La conclusione è che “la rivendicazione di anticipare il pensionamento comporta una diminuzione delle rendite pensionistiche perché peggiora in misura sempre crescente il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, oppure un aumento della spesa assistenziale per sostenere le pensioni!. In realtà un miglioramento del sistema previdenziale si avrà soltanto se aumenterà l’occupazione giovanile” e se gli anziani resteranno al lavoro.