Riforma pensioni/ Il cumulo possibile con Opzione donna

- Lorenzo Torrisi

Riforma pensioni, Opzione donna prevede la possibilità di cumulare redditi da lavoro. Cosa che non è possibile, per esempio, con Quota 100

Sito Inps in tilt 1 aprile Lapresse

IL CUMULO POSSIBILE CON OPZIONE DONNA

Nella risposta a un quesito posto da una lettrice del sito orizzontescuola.it viene ricordato un aspetto importante relativo a Opzione donna, misura che è stata prorogata con gli ultimi interventi di riforma pensioni. “La pensione opzione donna, pur essendo soggetta ad un ricalcolo interamente contributivo, non è assimilata alle pensioni conseguite con il regime contributivo puro e quindi, non è soggetta a incumulabilità né a riduzioni per cumulo con redditi da lavoro. La pensione opzione donna, quindi, è cumulabile con redditi da lavoro (e anche con altri redditi)”. Questo vuol dire, quindi, che una volta in pensione è possibile continuare a lavorare. Cosa che invece non è possibile, senza vedersi ridotto o sospeso l’assegno pensionistico, nel caso delle pensioni calcolate con il regime contributivo puro, nel caso di Quota 100, fino al raggiungimento dell’età anagrafica per accedere alla pensioni di vecchiaia, pari ora a 67 anni, e per la pensione anticipata con Quota 41, fino alla virtuale maturazione de requisito di accesso alla pensione anticipata.

LE PAROLE DEI SINDACATI

Mentre la Funzione pubblica della Cgil della Campania elogia il lavoro svolto dai dipendenti dell’Inps, anche per quel che riguarda le “domande di integrazione a mille euro delle pensioni al minimo – circa 179mila – e il pagamento del bonus di 600 euro ai lavoratori stagionali per oltre 19mila lavoratori e lavoratrici, misure previste dal Piano Socio Economico della Regione Campania”, la Cisl in Sicilia chiede maggiori tutele per i dipendenti degli uffici postali dopo un periodo in cui hanno dovuto soddisfare le esigenze di tanti cittadini “per pensioni, redditi d’emergenza, cassa integrazione, bonus babysitting, ecc.”. In particolare, come riporta itacanotizie.it, “Giuseppe Ferrante, coordinatore SLP-CISL provinciale Trapani-Palermo, Matteo Genna, componente regionale SLC-CISL e Antonino Patti RSU (Tp)” evidenziano la necessità di “riaprire tutti gli uffici postali. Bisogna ritornare alla normalità. Molti uffici, soprattutto quelli più decentrati, nelle periferie o nelle contrade, restano chiusi” e questo penalizza in particolare gli anziani.

TRA NASPI E PENSIONI

Nella rubrica quotidiana “L’esperto pensioni” su Repubblica a cura della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, una lettrice espone un dubbio che si fa strada sempre più spesso in tante categorie di lavoratori nel pieno dell’emergenza Covid: «60 anni e 4 mesi a giugno 2020. A tale data ho maturato 38 anni e 4 mesi di contributi. L’azienda mi propone un incentivo a fronte di una risoluzione consensuale al 1° luglio 2020». Le due strade proposte dall’azienda sono o versare i contributi volontari (11.000 annui) e attendere per la legge Fornero oppure Opziona Donna; in termini di cifre, 1400 euro pensione anticipata e circa 1000 opzione donna, ma nel primo caso si teme l’allungamento della riforma pensioni ben oltre i 41 anni e 10 mesi attuali. Ecco allora che spunta un’ipotesi interessante riportata dai Consulenti del Lavoro: «opportuno valutare la fruizione della Naspi, in caso di licenziamento, dimissioni per giusta causa o soprattutto per risoluzione consensuale». Secondo l’esperto pensioni,  la contribuzione volontaria potrebbe essere versata solo per il periodo residuale dopo i 24 mesi di Naspi di fatto fino al raggiungimento del requisito contributivo di 41 anni e 10 mesi con successiva finestra (priva di contributi) pari a 3 mesi.: rispetto a opzione donna «tale scelta appare la più conveniente con riferimento al mancato decremento della pensione apportato in modo irreversibile dalla conversione al metodo contributivo». (agg. di Niccolò Magnani)

MES ED EFFETTI DI QUOTA 100 SULLA SANITÀ

Si parla molto degli effetti sulla riforma pensioni che il ricorso al Mes sanitario potrebbe avere per l’Italia. Tuttavia, Maurizio Ricci, su Tiscali News, evidenzia che il nostro Paese potrebbe attingere a 25 miliardi di euro, a condizioni più vantaggiose di quelle dei mercati, per rilanciare la sanità, tenendo conto che “la spesa pubblica sanitaria pro capite non arriva a 2.500 euro l’anno, mentre in Francia e in Germania siamo vicini ai 4 mila euro. Il conto più facile è quello del personale: fra il 2009 e il 2017 sono usciti dagli organici oltre 6 mila medici e più di 27 mila infermieri. L’anno prossimo, grazie all’introduzione di quota 100 per le pensioni, usciranno di scena 23 mila medici. Di questi, 15 mila sono medici di base, che lasceranno 14 milioni di italiani senza la prima tutela della salute. Finora i buchi della sanità pubblica sono stati coperti dal boom della sanità privata che ha assorbito spesa per 37 miliardi di euro l’anno, 35 dei quali tirati fuori direttamente dalle tasche dei cittadini. Più esattamente, di quelli che se lo possono permettere”.

GLI EMENDAMENTI PD AL DL RILANCIO

Il Pd ha presentato alcuni emendamenti al decreto rilancio, tra cui alcuni riguardanti gli italiani all’estero. “Sappiamo bene che, a causa della difficile situazione finanziaria del nostro Paese, non tutti gli interventi proposti potranno essere realizzati immediatamente, ma riteniamo doveroso e utile in termini generali che rientrino nella discussione e nell’agenda politica del Paese”, spiegano i parlamentari dem eletti all’estero Francesco Giacobbe, Francesca La Marca e Angela Schirò. Tra le loro richieste, come riporta italiannetwork.it, la necessitò di “intervenire sui temi dell’Imu-Tasi e sull’accesso al reddito e alle pensioni di cittadinanza, per garantire le medesime condizioni anche per i cittadini residenti fuori dall’Italia”. Rimanendo in ambito estero, sempre a propositi di temi di riforma pensioni, il sito del Sole 24 Ore ricorda che negli Stati Uniti “ora anche il singolo lavoratore potrà investire la sua pensione nei fondi di private equity” tramite i piani pensionistici individuali.

RIFORMA PENSIONI, L’ANTICIPO DEL TFS AGLI STATALI

Come già emerso nei giorni scorsi, sembra ormai essere vicino al traguardo il percorso per rendere operativo l’anticipo del Tfs dei dipendenti pubblici che andranno in pensione, una misura che era stata introdotta, insieme ad altre in tema di riforma pensioni, dal Governo Conte-1, ma che a distanza di un anno e mezzo ancora non è utilizzabile. Come spiega Il Sole 24 Ore, “l’ultimo anello mancante” è la convenzione con l’Abi per stabilire le condizioni del prestito bancario che servirà ad anticipare fino a 45.000 euro di liquidazione. Il quotidiano di Confindustria ipotizza che verrà previsto un tasso di interesse “ben al di sotto del 2%”. Per accedere a questo anticipo bisognerà aver maturato i requisiti minimi per l’ingresso in quiescenza, compresi quelli per Quota 100.

L’ITER DELLA DOMANDA

La domanda andrà presentata all’Inps o al proprio istituto previdenziale di appartenenza ed entro 90 giorni si dovrà avere riscontro per l’avvenuta certificazione del “diritto al Tfs/Tfr, il relativo ammontare e le date in cui il trattamento sarà liquidato”. Per quanto riguarda i pensionati con Quota 100, “le scadenze devono tener conto della maturazione del diritto a pensione secondo le regole ordinarie previste per la pensione anticipata o di vecchiaia e stabilite dall’articolo 24 del Dl 201/2011”. La certificazione ricevuta dovrà poi essere presentata in banca con modalità che dovranno essere stabilite nella convenzione “che pare a uno stato avanzato dei lavori”. La banca compirà poi una verifica sull’insussistenza di impedimenti alla concessione dell’anticipo.





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