Avete grandi potenzialità, dice rassicurante Tony Manero – al secolo John Travolta nel film Staying Alive – rivolgendosi ai suoi allievi aspiranti danzatori. Similmente, il Presidente di Unioncamere Andrea Prete vede “grandi potenzialità” nell’industria culturale nazionale, soprattutto nel Mezzogiorno, presentando e commentando i dati contenuti nella ricerca sull'”Italia della qualità e della bellezza (Io sono cultura 2023)” elaborata in collaborazione con Symbola.
Non che i risultati non siano soddisfacenti, tutt’altro. La Cultura pesa nel Paese per quasi per 100 miliardi di valore aggiunto e sviluppa un’occupazione che si avvicina al milione e mezzo di posti di lavoro. Ma per le sue intrinseche caratteristiche l’intero comparto potrebbe rappresentare molto di più. E il moltiplicatore di 1,8 fin qui calcolato dagli esperti (quanto impatta sul tessuto economico ogni euro investito) promette di crescere fino a 3.
Se questo è vero per l’Italia, è ancor più vero per il Sud, dov’è custodito gran parte del patrimonio artistico, archeologico e naturale senza che il territorio, fa notare il Segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, ne benefici quanto potrebbe e dovrebbe. Con la sola esclusione di Napoli (che occupa un gratificante quarto posto dietro Milano, Roma e Torino), nessun’altra provincia meridionale figura tra i primi dieci posti della classica per fatturato e lavoro.
Eppure, se c’è un campo nel quale i giovani del Sud avrebbero massima possibilità di espressione – e di soddisfazione – è proprio quello culturale nella sua duplice componente: diretta (nei settori di base) e indiretta (nell’applicazione creativa). Ancora una volta si mette in evidenza che il divario tra il Mezzogiorno e il resto del Paese è prima di tutto culturale, superato il quale sarà più facile rimontare nella produzione e nell’occupazione. In una parola, nella ricchezza.
Perché ciò non accada è quasi un mistero. L’Italia che fa l’Italia, capace di realizzare cose belle e ben fatte che il mondo ci invidia e ci compra, rappresenta il modello di sviluppo da sempre proposto dal Presidente di Symbola, Ermete Realacci, che attraverso gli studi della Fondazione e nei seminari che regolarmente organizza mostra quanti siano i primati nazionali di cui andare orgogliosi e quale forza si potrebbe sprigionare da questi se aumentasse la fiducia in noi stessi.
Senza nascondere le difficoltà di una congiuntura condizionata dai postumi della pandemia e dalle conseguenze della guerra, come il rialzo dell’inflazione e dei tassi d’interesse, Realacci individua proprio nella bolla culturale molti tra i settori del futuro e ne sottolinea il ruolo trainante anche a vantaggio del turismo che sta diventando un potente motore di crescita con ripercussioni sulla riorganizzazione delle città e le trasformazioni urbane.
Non sfugge a nessuno, e lo ribadisce la Presidente del Credito sportivo Antonella Baldino, che le ripercussioni sulla società e sull’ambiente delle attività culturali vanno bel oltre il contributo economico perché incidono in modo determinante sulla qualità della vita e dunque sulla capacità attrattiva dei luoghi. Un argomento molto caro a chi vorrebbe interrompere il flusso dei giovani di valore che abbandonano le terre di origine senza più farvi ritorno.
Questo fenomeno, particolarmente diffuso nel Mezzogiorno con l’aggravante della mancanza di un ricambio (le partenze non sono compensate dagli arrivi come invece accade al Nord) può e dev’essere contrastato con tempestività se si vogliono evitare gli inconvenienti della desertificazione demografica accentuata dalla crisi delle nascite. L’opzione culturale, come insiste a dire il ministro Gennaro Sangiuliano, è la chiave del riscatto.
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