La sfida è cominciata ieri sera a Madrid: chi è la vera Altezza Reale del Regno di Gran Bretagna, ex impero inglese? Elisabetta II che celebra proprio in questi giorni i 70 anni di regno, o i Rolling Stones, che dalla Spagna hanno dato inizio al tour dei 60 anni di carriera? Vabbè se vogliamo parlare di numeri, Sua Maestà vince per dieci anni, che non sono poi così tanti di differenza, ma vogliamo parlare dell’unico gruppo rock che in 60 anni non si è mai diviso, lasciato (anche se hanno litigato tanto) e poi fatto quelle specie di patetiche reunion? E che non hanno mai annunciato un farewell tour, quei tour di addio che poi hanno sempre un secondo e anche un terzo tour di addio? Perché gli Stones, anche se dei membri originali sono sopravvissuti solo Mick Jagger e Keith Richards (in realtà anche il bassista Bill Wyman gode di buona salute, ma se ne è andato nell’ormai lontano 1994) anche questa volta mica ci stanno a dare l’addio. Incredibili.
Il tour toccherà l’Italia, Milano, San Siro, il prossimo 21 giugno, tutto ovviamente esaurito da tempo. Ed ecco che non hanno deluso nessuno ieri sera con una scaletta magari non troppo lunga, solo 19 pezzi, ma ben rifornita di tutti i classici e qualche chicca. Ad esempio la bella Out of time, che, pubblicata nel 1966, non era mai stata eseguita dal vivo, oppure la rara Sad sad sad da Steel Wheels, bel disco del 1989 dimenticato dai più. Hanno cominciato col botto, con una dichiarazione di intenti, Street fighting man: che altro può fare un povero ragazzo nella sonnolente città di Londra se non suonare in una rock’n’roll band? Ovvio, può solo suonare nei Rolling Stones, dicevano in questo brano che risale al 1968 e che celebrava “il combattente di strada”, quei giovani che convinti delle loro utopie pensavano di cambiare il mondo. Seguita a razzo da un’altra dichiarazione di intenti, 19th Nervous Breakdown, che negli anni 60 ironizzava sulle signore dell’alta borghesia inglese che si riempivano di pillole per vincere la loro noia. Hanno pure eseguito Living in a ghost town, il brano inciso e pubblicato durante la pandemia, dedicato alle città allora deserte e alle nostre paure, per poi buttare fuori a valanga pezzi che tutti gli altri musicisti del mondo darebbero un dito per averne composto almeno uno: Honky tonk women, Start me up, Paint it black, Sympathy for the devil, Jumpin’ Jack flash, Gimme shelter e ovviamente la conclusione con i fuochi di artificio di Satisfaction. Allora, poco più che ventenni, dichiaravano il loro malessere esistenziale, in una società che non dava possibilità di trovare soddisfazioni, adesso saranno soddisfatti, quasi ormai ottantenni che si sentono ancora “combattenti di strada”?