Il centro studi di Confcommercio, nell’aggiornamento delle previsioni del Pil nelle regioni italiane, ha stimato che la ricchezza prodotta in Italia sfiora quota zero: 0,7% nel 2011 e 0,3% nel 2012, con differenze marcate a livello territoriale: le regioni del Nord sono quelle che hanno risentito maggiormente degli effetti della recessione, anche a causa di una maggiore presenza di imprese industriali medio-grandi orientate all’export, mentre a sorpresa è il Mezzogiorno a registrare le migliori performance, ma solo in virtù della minore crescita della popolazione. Le regioni del Centro, invece, anche grazie a una maggiore presenza di terziario di mercato, confermano il loro maggior dinamismo in termini di Pil, e la variazione prevista da Confcommercio nel Lazio è dello 0,9% per il 2011 e dello 0,2% per il 2012. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Giovanni Marseguerra, professore di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano: «Dalle previsioni di Confcommercio il Lazio esce sicuramente meglio delle altre macro-aree, e in questo senso è un dato che fa sperare, anche perché nel 2009 il Lazio ha perso il 3,5%, laddove l’Italia ha registrato un -5,2%. Questo stesso dato, in previsione 2011, parla di un +0,9%, quindi significa che il terziario in qualche modo ha tenuto. Da tempo sostengo che la piccola imprenditorialità è la forza del nostro Paese: abbiamo uno spirito di intrapresa che offre concretezza alle piccole imprese del Nord, ma abbiamo anche un analogo spirito che nel terziario sta dimostrando una buona tenuta, anche se la situazione è molto difficile. Certo l’aumento dell’Iva non è un elemento che fa ben sperare per il futuro, perché è evidente che influirà. Ma il dato enfatizzato in modo particolare è relativo al Meridione, e fa riferimento al fatto che la quota del Pil passa dal 24% del 1995 al 23,5% del 2012, con una netta riduzione anche della popolazione del Mezzogiorno, che passa dal 36,4% del 1995 al 34,3%. Il Sud del Paese perde quindi peso, sia in riferimento alla sua capacità di produrre ricchezza, sia per la riduzione della sua forza lavoro. A livello nazionale, un punto importante della revisione fatta da Confcommercio è costituito dalle correzioni che vengono operate rispetto al periodo prima dell’estate: oggi si prevede infatti che per il 2011 il Pil cresca dello 0,7%, mentre a luglio si prevedeva una crescita dello 0,8%, quindi solo una leggera correzione. Molto più forte è invece la correzione per la crescita nel 2012, che adesso si prevede dello 0,3% quando solo a luglio, appena tre mesi fa, si prevedeva ancora l’1%. E’ chiaro quindi che le turbolenze dei mercati legate al rischio dei debiti sovrani di molti paesi europei hanno condotto a un calo di fiducia generalizzato e le previsioni ne risentono in maniera molto netta. Queste previsioni sono però in linea con quelle che pochi giorni fa ha emesso il Fondo Monetario Internazionale nel suo World Economic Outlook, in cui le previsioni per il 2011 e 2012 per l’Italia sono rispettivamente dello 0,6% e 0,3%, quindi sostanzialmente le stesse. Per l’area euro, invece, il Fmi fa previsioni dell’ordine dell’1,6% e dell’1,1% per il 2011 e 2012. Quindi le previsioni così negative per l’Italia, risultano ancora più negative se paragonate a quelle dell’area euro. Evidentemente scontiamo una manovra di finanza pubblica che ha forti eccessi recessivi, e se si associano anche previsioni di un’ulteriore riduzione della spesa pubblica, con un rallentamento di investimenti, una maggiore difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese e un ridimensionamento delle esportazioni, tutto ciò ci aiuta a prefigurare un futuro che non è particolarmente brillante.
Il mio timore è che nei prossimi mesi ci siano delle ulteriori previsioni e il rischio, che ormai tutti paventano, è quello di ripiombare in una recessione. E’ un pericolo che esiste, e se dovesse arrivare un dato negativo nel terzo trimestre 2011 e un altro nel quarto trimestre 2011, torneremmo nella recessione. Ancora una volta si dimostra come sia straordinariamente difficile conciliare il rigore con la crescita, considerando poi le turbolenze dei mercati finanziari e l’incapacità politica di affrontare fino in fondo la crisi dei debiti sovrani, con il caso della Grecia che in qualche modo è esemplare».
Lo studio di Confcommercio sembra non lasciare però molte speranze alle Regioni italiane su un punto in particolare: «Nessuna di esse potrà tornare ai livelli di Pil pre-crisi. E’ necessario quindi trovare un nuovo modello di sviluppo in cui si riesca a coniugare la crescita anche con una maggiore distribuzione del reddito e una maggiore coesione. La crescita da sola non porta coesione, e per portarsi dietro anche la coesione bisogna guardare lo sviluppo, e il vero sviluppo è quello umano, quindi sociale, che guarda alla coesione e ai servizi alla persona. E’ certamente anche sviluppo economico, che riguarda quindi anche cooperazione tra capitale e lavoro, ma è anche sviluppo intergenerazionale, che guarda ai giovani e a sistemi pensionistici sostenibili: spesso ci focalizziamo troppo sulla crescita, ma forse dovremmo concentrarci più sullo sviluppo».
(Claudio Perlini)