L’assessore regionale alle Politiche della Mobilità e del Trasporto Pubblico Locale, Francesco Lollobrigida, ha annunciato giovedì scorso la decurtazione dei fondi per il contratto di servizio relativo alle ferrovie concesse (da 94 a 55 milioni) e per quello del trasporto cittadino (meno 40 milioni), scatenando l’immediata replica dell’amministratore delegato di Atac, Carlo Tosti, che ha inviato due lettere: la prima per comunicare che, a fronte di questi tagli, l’azienda sarà costretta a sospendere o a limitare il servizio sulle linee Termini-Giardinetti, Roma-Lido e Roma-Viterbo, valutando anche se “scorporare dalla società il ramo d’impresa interessato”. La seconda è stata invece inviata al Consorzio Metrebus per notificare l’avvio delle procedure per disdettare il contratto che lega l’Atac a Cotral e a Trenitalia. Questa mossa avrà essenzialmente due spiacevoli conseguenze: innanzitutto l’aumento del prezzo dei biglietti potrà aumentare in autonomia, senza il via libera della Regione, e da un euro con validità di 75 minuti si passerà probabilmente a un euro e mezzo per 100 minuti. Inoltre, tutti i pendolari che fino ad oggi hanno acquistato un unico biglietto o abbonamento per viaggiare su autobus, metropolitane, pullman e treni regionali, presto dovranno munirsi di un ticket per ogni tratta percorsa. IlSussidiario.net ha chiesto a Carlo Carminucci, diretto dell’Isfort (Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti) di commentare le decisioni prese dall’ad di Atac Carlo Tosti: «Il problema non riguarda solo Roma, perché con l’ultima manovra abbiamo assistito a un taglio di un miliardo e 200 milioni di euro sul territorio nazionale ai fondi per il trasporto pubblico locale. Le regioni hanno la possibilità di gestire questo taglio sulle ferrovie regionali spalmandolo su tutti i servizi, quindi quello che sarebbe un taglio del 75% sul servizio ferroviario in verità potrebbe essere di una media del 20-25% sull’insieme dei servizi del trasporto pubblico locale. E’ comunque un taglio molto importante, che chiaramente costringe le aziende a prendere alcune decisioni, e le leve su cui si può operare sono essenzialmente due: la qualità dei servizi offerti o il prezzo, quindi con supplementi tariffari. Trovo quindi la reazione dell’ad di Atac, per quanto forte, abbastanza inevitabile, perché anche l’azienda deve pur recuperare questi fondi in qualche altro modo. Un altro problema importante è questa scomparsa del biglietto unico integrato, che rappresenterebbe un vero passo indietro e un danno economico rilevante nei confronti del singolo utente che si vede costretto ad acquistare più biglietti per raggiungere una destinazione.
Inoltre è proprio la qualità del servizio che verrebbe meno, perché la possibilità di acquistare un unico titolo di viaggio e sfruttare le opportunità di prendere più mezzi è una delle linee di sviluppo per la mobilità collettiva, e rinunciare a questa opportunità significa danneggiare i cittadini e i pendolari. Ma il danno riguarda più in generale le prospettive di crescita del trasporto pubblico stesso, una vera scommessa su cui si punta per cercare di governare in maniera più sostenibile la mobilità. Riguardo l’aumento tariffario, è necessario capire in che misura e con quali modalità avverrà, ma il problema è che a Roma, come in molte altre aree del Paese, questi aumenti non sono giustificati da un incremento del livello della qualità del servizio, mentre in aree più virtuose del centro-nord dove il servizio del trasporto pubblico funziona meglio, ovviamente si fanno manovre sul lato tariffe, ma solo dopo aver investito sulla qualità del servizio. L’aumento dei prezzi è sempre doloroso però i pendolari potrebbero non venir penalizzati, magari lasciando inalterato il costo degli abbonamenti e aumentando solo il costo del biglietto per la corsa ordinaria, puntando quindi più sugli utenti occasionali, che nel caso di Roma sono anche tantissimi turisti. Le tariffe sono ferme da dieci anni e gli aumenti stanno avvenendo in tante altre città d’Italia, quindi non credo sia poi una decisione così scandalosa».
(Claudio Perlini)