Il presidente di Bnl Luigi Abete è intervenuto oggi al convegno su Roma Capitale organizzato da Unindustria, auspicando una maggiore collaborazione tra Comune e Regione per integrare Roma col suo hinterland ma lamentando anche le pesanti lacune delle infrastrutture regionali e della struttura industriale del Lazio. ««Speriamo che la vicenda di Roma Capitale si chiuda con un accordo serio tra il Comune e la Regione – ha detto l’ex presidente di Confindustria – ma questo non è un problema centrale, il nodo è che siamo troppo lenti per i tempi del mondo».
Abete spiega che serve «legare i due territori, quello di Roma e quello laziale, sapendo che oggi sono collocati in un sistema piramidale di tipo istituzionale e che nel contesto competitivo che abbiamo di fronte la risposta di successo è quella data unitariamente». Il banchiere parla di un sistema in cui la città e la provincia vivono in simbiosi: «Non è immaginabile – ha detto – che Roma Capitale abbia successo se poi nel suo hinterland non accade e viceversa».
CONTINUA A LEGGERE L’ARTICOLO SU ABETE E ROMA CAPITALE, CLICCA SULLA FRECCIA
Due le principali carenze del sistema Lazio: il livello delle infrastrutture e la dimensione dell’impresa. «Il primo è statico, stagnante, fermo, minimo». Presegue Abete: «Per quanto riguarda la dimensione dell’impresa è – mediamente parlando – troppo piccola. Abbiamo bisogno di piu infrastrutture e di medie imprese».
A margine del convegno poi il presidente di Assonime si fermato a parlare coi giornalisti della riforma fiscale attualmente al vaglio del Senato: «È comodo parlare della patrimoniale – ha polemizzato – perché essendo un tema molto ideologico ci si schiera pro o contro anziché discutere del tema vero che è la riforma del fisco». La proposta di Assonime, ha spiegato il presidente Abete, affronta il problema «sotto due aspetti, quantitativo e qualitativo. Per quanto riguarda il primo, se si riducono spesa pubblica ed evasione si riesce a ridurre la pressione fiscale del nostro Paese». Ha poi concluso: «Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, è giusto – ha spiegato – che a concorrere al finanziamento della spesa pubblica siano tutti e non solo alcuni e una soluzione potrebbe essere quella di spostare una parte del carico dalle imposte dirette a quelle indirette».