«Trasformeremo tutte le difficoltà in opportunità». È questa la ferma convinzione del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, intervistato dal Messaggero sulle Olimpiadi a Roma nel 2020.
«Problemi di sicurezza,complessità urbanistiche, tecnologie d’avanguardia: i problemi sono tanti, ma il titolare dell’Economia è fiducioso: “Oggi ci sono più vincoli, ma possiamo farcela».
Claudio Marincola, che firma l’articolo, osserva che «le prime Olimpiadi romane rimasero scolpite nella storia. Sancirono un’epoca. Il mondo era diverso, aveva altri problemi. Si era in piena Guerra fredda». Proprio intorno a questo punto ruotano le osservazioni di Tremonti: «In questi primi cinquant’anni, dal 1960 al 2011 la discontinuità è stata fortissima nel passaggio tra il nuovo e il vecchio secolo con la globalizzazione. E la discontinuità – prosegue il ministro – può accelerare ancora di più. Basta guardare e pensare a quello che sta succedendo in queste ore nel Mediterraneo».
Un amarcord che diventa ancora più significativo se si pensa al presidente dell’allora comitato promotore, Giulio Andreotti, che condusse in porto un’operazione che era sì complessa, ma che si vedeva soggetta a molte meno limitazioni e problemi rispetto a quelle da affrontare oggi.
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«Nel 1960 – osserva Tremonti – le nazioni, gli Stati, erano relativamente pochi, gli atleti erano olimpicamente dilettanti. Non c’erano problemi di sicurezza, il villaggio olimpico fu costruito nella zona di ponte Milvio senza particolari vincoli o blocchi archeologici o ambientali».
Il villaggio del 2020, se Roma riuscirà nell’impresa di farsi assegnare le Olimpiadi, sarà realizzato a Tor Di Quinto, prendendo il posto «delle caserme dei Lancieri di Montebello e del vecchio galoppatoio, a due passi dal Tevere».
L’obiettivo strategico, conclude il ministro, è quello di «allineare il nostro futuro con il nostro grande passato».