Pier Paolo Pasolini ritratto fra Sabaudia e la sua casa di Chia, in provincia di Viterbo, curvo sulla macchina da scrivere, una Olivetti 22. Ripreso accanto alla sua Alfa sul Lungomare, sul ponte di Sabaudia mentre sta correggendo il manoscritto del suo ultimo romanzo “Petrolio”. Sono foto scattate nell’ottobre del 1975 contenute nel libro “Pier Paolo Pasolini Fotografie di Dino Pedriali”, presentato settimana scorsa a Roma alla libreria Altroquando di via del Governo Vecchio, e che è stato spunto per una tre giorni pasoliniana di film e letture dai suoi testi. Ricordi bellissimi di un rapporto intenso, quello del grande scrittore con Roma.
Pasolini, nato a Casarsa nel Friuli, si sentiva ed era un romano d’adozione. Tanto che moltissimo della sua produzione artistica (cinematografica e di scrittore) prende le mosse dalle borgate della Capitale, entra nel dialetto e lo fa proprio. Roma diventa, nelle sue straordinarie opere, il grande teatro umano e sociale dove si compie una rivoluzione silenziosa e inedita per il nostro popolo. L’omologazione culturale, come lui la definisce, provoca qualcosa di inaspettato, una “mutazione antropologica” degli italiani.
E Roma, con la sua monumentale e antica bellezza, è il cuore di questo Nuovo Potere che sta cancellando il mondo contadino, la Chiesa, la cultura di una Nazione. In “Scritti corsari” ci sono pagine straordinarie. Come l’immagine registrata alla vigilia di Pasqua del 1974: “Ho visto ieri sera (Venerdì santo?) un mucchietto di gente davanti al Colosseo: intorno c’era un enorme apparato di polizia e vigili urbani che controllavano i passanti e facevano girare al largo le macchine. Ho creduto in un primo momento che si trattasse di un gesto di qualche disoccupato arrampicato in cima al Colosseo. No. Era una funzione religiosa a cui doveva intervenire Paolo VI. C’erano quattro gatti”.
Lo stesso titolo al libro di poesie “Le Ceneri di Gramsci” prende le mosse da uno dei luoghi più belli e suggestivi della nostra città: il cimitero acattolico vicino alla Piramide Cestia. Dove ancora sono custoditi i resti mortali del grande intellettuale comunista. Quando Nanni Moretti dedica il primo episodio del suo film “Caro diario” a Roma, riprendendo semplicemente le sue gita in Vespa lungo i viali e le vie della città, dedica a Pasolini l’ultimo capitolo, arrivando fino al luogo della sua morte, ad Ostia. “L’ansia del consumo”, scriveva ancora PPP, “è un’ansia di obbedienza ad un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi diverso”. E purtroppo questo ordine non è cambiato.