«La mostra nasce da un progetto che si intitola “Micro Macro”, di educazione allo sviluppo, di sensibilizzazione e di creazione di una cultura di solidarietà in Italia, che la FOCSIV ha promosso con dieci dei suoi sessantacinque organismi federati nelle regioni del centro-sud, tra cui appunto il Lazio». Sergio Marelli, intervistato da IlSussidiario.net, è il Segretario Generale di Volontari nel Mondo FOCSIV, la federazione di organismi di volontariato internazionale che ha realizzato la mostra fotografica “Fuori Centro” all’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma, dal 25 maggio al 24 giugno.
Ottanta fotografie provenienti dalle periferie di undici diverse città del mondo, tra cui Roma, Milano, Gaza City, Dakar, Dacca, Napoli e Monterrey, scattate da undici diversi artisti: «L’obiettivo parte proprio dal nome, cioè cercare di far capire ai giovani, a cui la mostra è rivolta, quanto le problematiche delle periferie delle nostre grandi città, soprattutto Roma, siano poi molto simili a quelle delle città dei paesi più poveri. Il Sud del mondo ormai non è più un luogo geografico, ma è una metafora che indica tutte le povertà, le emarginazioni e le situazioni più problematiche che sono presenti però anche in Italia e in tutti quei Paesi considerati industrializzati e ricchi. Quello che vogliamo far comprendere è che, se i problemi sono gli stessi, anche le soluzioni possono essere uguali e devono essere cercate insieme. Lo dimostra questa mostra fotografica. Chi andrà a visitarla potrà rendersi conto di quanto è facile confondere le periferie di Roma con quelle di Accra in Ghana o di Nuova Delhi in India».
Ma quali sono le maggiori criticità della periferia romana? «Sicuramente il disagio di un’urbanizzazione attuata con poca strategia e pianificazione – prosegue Marelli -, un disagio che proviene anche da un livello di scolarizzazione inferiore rispetto alle medie nazionali. È una situazione che predispone alla violenza e al rifiuto della relazione, problematiche tipiche della periferia romana, ma non solo. Un altro grave problema è quello occupazionale: senza un lavoro non solo il giovane non cresce, ma non riesce neanche a staccarsi dalla famiglia e a costruirsi una vita propria. Bisogna investire nelle politiche giovanili e non farlo significa rinunciare a una ripresa dalla crisi e a un futuro migliore e vivibile per tutti».
Della stessa opinione anche il giovane fotografo, Alessandro Imbriaco, che ha immortalato la realtà delle periferie romane e i cui lavori saranno visibili alla mostra: «Ho scelto come luogo delle mie fotografie il Grande Raccordo Anulare, in cui sono rimasto per diciotto ore consecutive. È una strada che qualunque romano conosce bene e sa quanto possa essere problematica e stressante in certi momenti. Io una volta ci ho pianto dopo più di quattro ore di coda in automobile. Questa volta invece l’ho usato come punto di osservazione per guardare i contorni della città, girando in auto per poi fermarmi quando notavo dei soggetti che potevano essere interessanti per le mie foto.Ne è uscito fuori un racconto quasi misterioso della periferia romana, in cui le immagini non prendono una direzione particolare, ma seguono l’immaginazione di chi le guarda. Può sembrare che il Grande Raccordo sia una strada che unisce le varie zone di Roma, ma credo che i cittadini invece lo subiscano, essendo l’unica via che permette la mobilità».
Un’esperienza certamente fuori dal comune. «Era una cosa che volevo fare da tempo, però devo ammettere che non è stato facile. Era bello pensare che undici fotografi sparsi per il mondo, seppur con fusi orari differenti, stavano lavorando allo stesso progetto. Ho girato molto anche di notte, senza traffico e con le strade completamente deserte. Era interessante osservare la periferia così calma, vuota, ma brutale, senza la presenza delle automobili e delle persone. In alcuni posti la situazione appariva desolante e si poteva cogliere un grande senso di isolamento. Alcuni quartieri sembravano delle isole, pezzi di città che però sembrano vivere un’altra vita.
Non ho visto però soltanto degrado. Ho immortalato dei notturni spesso misteriosi, chiusi e descrittivi, che però potrebbero davvero rappresentare qualsiasi altra città. Anzi, spesso non sembrano neanche scattati a Roma».
(Claudio Perlini)