“Il rinnovo dell’amministrazione comunale non è soltanto una normale scadenza della vita democratica, ma anche un’occasione per scegliere i valori che saranno a fondamento della vita della nostra città nei prossimi anni”. È quanto si afferma nell’editoriale “I cristiani e il voto: quale futuro per la città?”, pubblicato domenica 19 maggio su Roma Sette, il settimanale della diocesi di Roma in edicola con Avvenire. Queste le priorità richiamate dal testo: il sostegno di politiche volte ad aiutare la famiglia fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna; la difesa della vita fino al suo termine naturale; l’attuazione di politiche lavorative che favoriscano la maternità; il riposo festivo dei negozi; l’accoglienza e l’integrazione per la pacifica convivenza e il rispetto fra uomini di culture e religioni diverse. Ecco il testo integrale:
“Coloro ai quali i romani affideranno il compito del governo della nostra città compiranno le scelte politiche che determineranno concretamente la vita dei cittadini, in base alla loro idea di uomo e della vita umana. Infatti, a seconda di come venga definito l’essere umano, i rapporti interpersonali, le leggi che regolano l’economia, i valori trasmessi nell’educazione vengono declinati diversamente: la questione antropologica è anche, ed essenzialmente, questione sociale. Il rinnovo dell’amministrazione comunale non è, quindi, soltanto una normale scadenza della vita democratica, ma anche un’occasione per scegliere i valori che saranno a fondamento della vita della nostra città nei prossimi anni. È avvertita da molti l’esigenza che Roma sia una città a misura d’uomo, in cui la dignità inviolabile di ogni persona, in particolare dei più emarginati e dei più fragili, sia difesa e tutelata.
Quale è la via da percorrere perché ciò avvenga? La priorità è sempre quella di aiutare la famiglia fondata sul matrimonio fra l’uomo e la donna, che rimane la prima e insostituibile cellula della società. Sono pertanto inutili provvedimenti come il riconoscimento delle coppie di fatto, soprattutto fra persone dello stesso sesso, che non avrebbero alcun valore legale in quanto provvedimenti di competenza dello Stato e che rappresentano quindi solo uno slogan elettorale per conquistare voti. Nella famiglia il papà e la mamma sono i primi a trasmettere e a far vivere ai figli quei valori che sono alla base di ogni civile convivenza: la solidarietà, l’accoglienza della diversità, il rispetto delle regole e della libertà altrui, il dialogo cordiale.
La famiglia è anche il luogo naturale dell’incontro fra le generazioni, dove i giovani imparano il rispetto per quella stagione della vita in cui le forze declinano o la malattia mina la salute. Rispettare la vita fino al suo termine naturale esprime la consapevolezza che ogni uomo, in qualunque momento della sua esistenza, vale per quello che è e non per quello che produce o realizza. Più dei registri sul fine vita – che non avrebbero valore legale – si avverte la necessità di politiche che favoriscano, in collaborazione con le altre istituzioni, a cominciare dalla Regione, l’assistenza per coloro che si trovano a vivere la fase terminale della vita. Allo stesso tempo l’aiuto alle donne che desiderano avere dei figli deve concretizzarsi in scelte che favoriscano la vita e che permettano alle giovani mamme di coniugare il lavoro con la maternità.
Inoltre, se si desidera che nel futuro Roma abbia cittadini attenti al bene comune e desiderosi di realizzare una città che non lascia indietro nessuno, sono necessarie scelte che permettano alle famiglie di avere quei momenti di vita insieme, che sono essenziali per costruire un sano rapporto genitori-figli e fra gli stessi coniugi, in modo da consentire ai nuclei familiari di assolvere alla loro peculiare funzione sociale. In questa prospettiva il riposo settimanale dei negozi, in particolare quello dei giorni festivi, è una necessità che ribadisce come l’uomo rimanga sempre superiore al lavoro e che sottolinea come il profitto non possa essere l’unico criterio che regolamenta il sistema economico.
Nei secoli Roma ha maturato una speciale vocazione all’accoglienza, che chiede di essere vissuta anche nelle condizioni attuali. Assicurare che tutti abbiano quanto necessario per un tenore di vita rispettoso della dignità umana è un dovere di giustizia ancor prima che di carità. Tuttavia ciò deve coniugarsi con il pieno rispetto, da parte di coloro che arrivano nella nostra città, della legislazione vigente in modo da assicurare la pacifica convivenza fra uomini di culture e religioni diverse, i quali, nel loro incontrarsi, possono arricchirsi reciprocamente. Affinché Roma diventi realmente la casa di tutti è necessario favorire processi di integrazione che consentano a ciascuno di offrire il proprio peculiare contributo che deriva dalla sua vita.
I cristiani, che nei secoli hanno contribuito a plasmare il volto e l’identità della nostra città, non possono far mancare il loro contributo nel momento presente con una scelta coerente con la fede: lo esige la fedeltà al Vangelo e all’uomo”.