Dobbiamo decidere di chi è questo giorno, questo sabato santo eco drammatica di quel primo e definitivo sabato santo. Per quelli che contano, questo potrebbe essere il giorno del sinedrio. Chi comanda ha vinto, ha avuto ragione, ha risolto il problema. Il potere, con i suoi uomini, si è imposto, ha rimesso ordine. La fastidiosa e scomoda presenza di Cristo è stata finalmente sigillata nel sepolcro delle regole chiare e precise che non prevedevano uno così. Ordinamenti e procedure pensati nei minimi dettagli perché nulla di nuovo potesse accadere hanno fatto rientrare il pericolo. Per alcuni il sabato santo è il giorno della vittoria della solita vita, delle solite cose, delle solite usanze.
Per altri no. Per chi ha fatto esperienza della liberazione dal potere, come Maria Maddalena, questo è il giorno della silenzio e della sua voce. Giorno di memoria, in cui riandare a quel primo istante, a quel primo incrocio di sguardi che aveva già tutta la promessa di un cambiamento. Finalmente aveva incontrato l’uomo della sua vita, dopo tanto peregrinare nelle braccia di altri. Una corrispondenza che non poteva essere una fregatura. Anche lei, in fondo, avrebbe potuto cantare: “Dal mare del silenzio ritorna come un’ombra nei miei occhi, e quello che mi manca, nel mare del silenzio, mi manca sai molto di più”. Il sabato santo è il giorno di quella mancanza storica che dialoga ininterrottamente con la mancanza del cuore, portandola a livelli vertiginosi e assicurando la speranza di una presenza.
Per quelli che si fidano di quelli che contano, invece, questo potrebbe essere il giorno della liberazione. Non serve più lottare contro l’evidenza delle cose, contro quello che gli occhi vedono e le orecchie odono. Basta lottare contro la propria coscienza che si ritrovava addosso un fascino ingestibile per quell’uomo di Galilea contestato dai capi. Finalmente un po’ di riposo dalla battaglia intrapresa dal cuore che aveva intravisto una reale corrispondenza. Quelli che si fidano di quelli che contano possono tornare a dormire sonni tranquilli in una vita senza domande. Si faccia di tutto, si organizzi qualsiasi cosa, basta che si taccia di noi.
Per altri no. Ci sono alcuni, come Giovanni, che non sono più disposti a tornare alla vita di prima. Non vogliono più accontentarsi del nulla. Attendono. Pregano. Sperano in silenzio che arrivi una voce, un annuncio. Arriverà, ma ha bisogno di essere desiderato. Giovanni ha visto troppe cose che non possono che tornare, definitivamente. “Ed improvvisamente ti accorgi che il silenzio ha il volto delle cose che hai perduto”, dice la nostra canzone (La voce del silenzio, musica di Elio Imola, testo di Paolo Limiti e Mogol, 1968). Giovanni, come gli apostoli, come ogni uomo che abbia incontrato Cristo, sa bene che nulla è perso, ma tutto riconquistato.
E poi c’è lei, la Madre. Che giorno sarà stato quel sabato per Maria? Cos’avrà fatto in quelle ore? Dove sarà andata e in compagnia di chi? I vangeli non lo dicono. Credo che la Madonna abbia passato quel giorno in casa a sistemare con estrema cura le cose del Figlio. Dove dormiva, gli abiti che indossava, ciò a cui era più affezionato. Sistemava tutto perché sapeva che Gesù non avrebbe usato più nulla di tutto ciò. La Madonna avrà passato il sabato santo a preparare l’unica cosa che serviva all’umano definitivo del Figlio: il suo cuore. A Cristo risorto serviva il cuore della Madre. A noi serve il cuore della Madre. E Maria, come ogni mamma, ha preparato il suo cuore curando i dettagli del quotidiano, perché nulla sia trascurato.
Ecco la voce del silenzio di questo giorno. Silenzio di attesa dell’umanità nuova, affidata alla maternità definitiva.
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