7,9 miliardi di euro da suddividersi tra il 2012 ed il 2014. E’ questa la cifra che la spending review ha imposto sotto forma di tagli alle regioni e le sforbiciate non risparmiano nemmeno la Lombardia, regione – si è sempre detto – “virtuosa”. Sarebbe, infatti, di 2 miliardi e mezzo la cifra che a seguito del decreto del Governo Monti si dovrebbe tagliare sulla spesa sanitaria delle Asl della Regione. La decurtazione sarebbe pari al 5% del budget destinato a beni e servizi, vale a dire materiale medico e pagamenti per i fornitori che procurano i generi di base come garze e siringhe. L’obiettivo della direzione generale della sanità lombarda sarebbe quello di non toccare i servizi offerti ai cittadini ma cercare di risparmiare il più possibile tirando il prezzo sui materiali. Per questo, i vertici di Corso Italia hanno scritto una lettera a tutte le ditte chiedendo flessibilità sui costi delle forniture. I tagli riguarderanno anche i posti letto. Il Governo ha già ufficialmente annunciato che i posti letto degli ospedali pubblici subiranno una diminuzione di circa 7 mila unità a partire dal 2013, mentre le Regioni, entro il novembre di quest’anno, dovranno presentare l’atto di riprogrammazione riduttiva dei posti letto stessi, la quale dovrebbe attuarsi in un triennio: per quanto riguarda la Lombardia, attualmente, il rapporto è di 4,05 letti ogni mille abitanti e dovrebbe arrivare a 3,7% cancellando almeno 300 posti fra ospedali pubblici e privati. In questo caso, le Asl e gli ospedali avranno la possibilità di recedere dai contratti di fornitura che non rispettano i parametri delle convenzioni Consip (cioè la centrale acquisti della pubblica amministrazione), oltre a quelli dei prezzi di riferimento individuati dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, se le aziende non accetteranno di adeguare i contratti. Abbiamo contattato per Il Sussidiario.net , Elio Borgonovi, professore di Economia delle aziende sanitarie e analisi del settore sanitario all’Università Bocconi.
Professore, trova corretto che il Governo non abbia discusso con le Regioni i tagli da attuare in una materia importante come la sanità?
La mia risposta è negativa per due ordini di motivi. Uno istituzionale: il Governo può decidere di ridurre il finanziamento ma farlo con una spending review, a mio parere, è fuori dalle competenze e da ogni prerogativa. Secondo, i tagli andrebbero fatti conoscendo la realtà e non sui documenti, così come viene fatto nelle imprese dove le razionalizzazioni vengono eseguite da chi conosce la realtà dell’azienda . Sicuramente, l’esecutivo voleva trasmettere il messaggio che è il metodo è cambiato. Prima, ha attuato un piano di tagli lineari con cifre, stabilite annualmente sino al 2014 e poi, solo in seguito, per recuperare il concetto di spending review ha mostrato il piano di interventi che per la Lombardia si attestano in 2 miliardi e mezzo.
Secondo lei i tagli sono stati fatti indiscriminatamente, non considerando regioni virtuose, come ad esempio la Lombardia?
Non è poi così vero. In termini di spesa, molte regioni come dice lei “virtuose” come ad esempio Emilia Romagna, Lombardia e Toscana presentano una spesa pro capite molto più elevata delle altre. D’altro canto, però, i servizi erogati sono di qualità superiore. Si terrà conto di questi aspetti nel piano di riequilibrio che verrà attuato a ottobre con un accordo fra le Regioni.
La direzione generale delle Asl ha detto che i tagli riguarderanno le voci legate ai fornitori. Lei pensa che sia possibile quando si parla di cifre del genere?
Il problema, a mio parere, non si risolve tagliando i fornitori. Il tetto massimo imposto dalla Regione Lombardia ai privati accreditati per la fornitura di servizi è di 10 milioni. Se viene attuato un taglio, ovviamente, i servizi verranno diminuiti e il rischio è che vengano a mancare garze o materiali sanitari. A questo punto il finale è prevedibile. Dal momento che non è possibile fare interruzione di pubblico servizio, soprattutto, sulle prestazioni del pronto soccorso, della medicina d’urgenza o della chirurgia, alcuni ospedali emetteranno ordini amministrativi che siano in grado di annullare il blocco della spesa. Il risultato sarà un disavanzo sommerso. Sicuramente era necessario dare un messaggio che imponesse maggior risparmio e oculatezza ma dando più fiducia a chi, giorno per giorno, è in frontiera.
Qual è il suo giudizio sull’ipotesi di trasformare alcuni posti letto per malati acuti in cronici?
Questa è una linea da perseguire poiché l’epidemiologia va esattamente in questa direzione. Non solo. Le nuove conoscenze consentono di affrontare le fasi acute in minor tempo e quindi permettendo una riduzione della durata media di degenza. A questo va aggiunta la forte diminuzione dei ricoveri che si è registrata negli ultimi sette anni.
La direzione indicata da questi tagli è la privatizzazione della sanità o l’ingresso delle assicurazioni?
L’ipotesi assicurazioni non è percorribile poiché, a loro volta, potrebbero applicare premi troppo elevati per il ceto medio, già in difficoltà. Vedo più probabile l’ingresso di fondi integrativi, soprattutto quelli basati su un principio di mutualità e solidarietà, come quelli antecedenti all’istituzione del servizio sanitario nazionale. Il rischio vero è che, in caso di malattie gravi, scompaia un livello di assistenza essenziale. Se andiamo a ridurre certi livelli di tutela dell’assistenza ne va di mezzo il livello di civiltà che ci siamo costruiti con tanto sacrificio.