I recenti casi di cronaca, che hanno visto anche di recente un cinquantenne contrarre la malattia e rischiare di morire, hanno fatto tornare d’attualità, o fatto scoprirla a chi ancora non la conosceva, la cosiddetta leptospirosi, nota anche come “febbre dei sette giorni” e che si trasmette principalmente all’uomo dagli animali come tutte le zoonosi e specialmente in quei luoghi in cui non vi sono condizioni igieniche minime o scarseggia la pulizia. Secondo alcune stime, sarebbero oltre mezzo milione di casi di leptospirosi all’anno in tutto il mondo con un tasso di mortalità non elevatissimo ma comunque da non sottovalutare del 10%. La patologia deve il suo nome invece alle cosiddette leptospire che sono presenti nell’urina dei topi infettati e a favorire il contagio nell’essere umano è soprattutto il contatto della cute, oppure delle mucose, con l’acqua infettata dalla suddetta urina. (agg. di R. G. Flore)
QUALI SONO I SINTOMI?
Quali sono i sintomi di chi contrae la leptospirosi? La patologia ha un periodo di incubazione di circa dieci giorni. Si mostra per la prima volta attraverso alla febbre che è associata in questo caso a tremore e dolori come cefalee, dolori addominali e mialgia. Le condizioni di salute poi si aggravano in maniera molto rapida e inattesa con la comparsa di sintomi come l’insufficienza multisistemica a evoluzione rapida. Quest’ultimo particolare porta il paziente a rischiare seriamente la morte. Sono diverse quelle che possono essere le conseguenze di caso in caso dall’epatonefrite, l’ittero intenso, l’insufficienza renale, miocardite e altre patologie che portano a un pericolo davvero consistente per la salute dell’uomo. Di sicuro l’unica possibilità di salvezza è legata a una diagnosi tempestiva e quindi all’intervento immediato da parte di strutture sanitarie attrezzate. (agg. di Matteo Fantozzi)
ALLEVATORE RISCHIA LA VITA
Un uomo ha lottato tra la vita e la morte per la leptospirosi, “la febbre dei sette giorni”. Il paziente è stato ricoverato una decina di giorni fa all’ospedale di Torrette, ad Ancona, in condizioni gravissime in seguito alle complicazioni della malattia. Come racconta il Corriere Adriatico, in poco più di una settimana il 50enne è finito allo stato più avanzato, la sindrome di Weil, da cui si salva una persona su due. L’uomo ha probabilmente contratto la cosiddetta “febbre dei porcai”, come è volgarmente detta, proprio sul posto di lavoro. «È arrivato all’ospedale in condizioni di malattia molto avanzate ed è stato necessario un approccio aggressivo in terapia intensiva, con intubazione e dialisi», ha dichiarato il professor Marcello Tavio, direttore dell’Unità operativa di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona. La prognosi non è stata ancora sciolta, ma le condizioni dell’uomo sono in via di miglioramento, infatti è stato trasferito dal reparto di Terapia intensiva a quello di Malattie infettive.
LEPTOSPIROSI, COS’È LA “FEBBRE DEI SETTE GIORNI”
La leptospirosi è una malattia “professionale” che colpisce chi lavora con animali potenzialmente infetti, in particolare maiali e cani, ma spesso viene trasmessa dall’urina dei topi. Il contagio può avvenire attraverso mucose o ferite della pelle, o indirettamente se a contatto con acque stagnanti e carcasse infette. La leptospirosi è, dunque, una malattia rara: in Italia colpisce circa cento persone l’anno. Può sfociare in una forma più grave, e quindi pericolosa, chiamata sindrome di Weil, «che comporta un’insufficienza multiorgano che coinvolge fegato, reni, polmoni e dà mortalità elevata», come spiegato dal professor Tavio. Quello del 50enne è un caso quasi da miracolo: all’inizio il quadro clinico era davvero critico e sembravano ridotte le possibilità di sopravvivere alle complicazioni di una patologia che in poco più di una settimana l’ha condotto alla sindrome di Weil.