Lo sposo di Maria, Giuseppe, “è l’uomo che protegge”. Per questo è importante invocare il suo aiuto, perché “tutti sperimentiamo la fragilità della vita, che spesso rimuoviamo”, ritenendola estranea “alla nostra condizione, mentre in realtà ne è sempre parte”. Infatti “tutti abbiamo bisogno di protezione e quando questa non c’è ci sentiamo abbandonati e senza valore”. La grandezza di san Giuseppe è proprio questa: “si mette a servizio” per “fare grandi gli altri con il suo amore concreto”. Concepiva se stesso “per Maria e per Gesù”.
Così il cardinale Matteo Zuppi nella sua bella prefazione al volume Ite ad Joseph. Padre di tenerezza, uomo di speranza, di Antida Pozzi (Ares, 2025): una “raccolta di riflessioni e preghiere in onore di san Giuseppe” nelle librerie da oggi, la sua festa liturgica. Sono, per l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, pagine davvero preziose, che ci aiutano a riporre “sotto la sua protezione le tante richieste di aiuto speciale” che ci urgono, affinché “l’umile e silenzioso Santo di Nazareth interceda per noi”.
L’autrice, già insegnante di religione ed esperta di teologia e liturgia, ha l’intento di offrire questo suo “semplice lavoro di ricerca”, su un uomo in cui si riflette la paternità di Dio, a tutti coloro che (l’elenco è lungo) “hanno smarrito il senso vero della vita, gli angosciati, i tribolati, gli scoraggiati, chi è nella solitudine, nello sconforto, nella desolazione, nel pianto, nel bisogno, nella disperazione, chi non sa più come fare a risolvere i mille problemi di ogni giorno, chi non ce la fa più a portare la propria croce, chi è senza lavoro, senza casa, chi ha perso la fede, chi non è in pace con sé stesso, chi non riesce a ritrovare la propria dignità perduta, chi è privato della libertà personale, chi è schiavo del sesso, della droga, del potere, dell’egoismo, chi è schiavo di sé stesso, chi si sente abbandonato o oppresso, chi è malato, chi sta morendo, chi ha perso ogni speranza”.
E ricorda quanto sia vera, anche nella sua vita personale, un’affermazione di santa Teresa d’Avila: “Mai ho invocato san Giuseppe senza essere stata esaudita”.
Una parte del libro si sofferma sula storia del culto del Santo, sul suo stile silenzioso e modesto, ma non mancano gli inni, le preghiere, le devozioni più diffuse, come pure l’attenzione a lui dedicata nei secoli da santi e pontefici. Soprattutto negli ultimi due secoli i papi hanno dato il giusto rilievo a una figura così centrale nella storia cristiana.
Fu Pio IX, il Papa del dogma dell’immacolata concezione (proclamato l’8 dicembre 1854) e del Concilio Vaticano I (1869-1870, interrotto bruscamente dalla presa di Porta Pia), vissuto in tempi tumultuosi, a promulgare l’8 dicembre 1870 il decreto Quemadmodum Deus, che dichiara Giuseppe patrono della Chiesa universale.
Sarà poi Leone XIII nel 1889 ad emanare la prima enciclica in assoluto dedicata allo Sposo di Maria, la Quamquam pluries, che promuove la devozione a san Giuseppe, nella cui introduzione si legge: “Riteniamo che sia sommamente conveniente che il popolo cristiano si abitui a pregare con singolare devozione e animo fiducioso, insieme alla Vergine Madre di Dio, il suo castissimo sposo San Giuseppe”.
A ricordare i cento anni di quell’enciclica, il 15 agosto 1989 (festa dell’Assunta) san Giovanni Paolo II promulga l’esortazione apostolica Redemptoris Custos sulla figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa, mentre Benedetto XVI sottolinea che è “l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti a un annuncio così stupefacente”.
Vi è infine il “dono fatto alla Chiesa e al mondo intero” da papa Francesco, che l’8 dicembre 2020 celebra il 150esimo anniversario della proclamazione di san Giuseppe a patrono della Chiesa universale con la lettera apostolica Patris corde (Con cuore di Padre), e un formidabile ciclo di catechesi, dal 17 novembre 2021 fino al 16 novembre 2022, per farci apprezzare ancor meglio la figura del padre terreno di Gesù, così da poterlo imitare nella nostra vita. Da ricordare la catechesi del 15 dicembre 2021 (San Giuseppe uomo del silenzio), in cui Bergoglio tra l’altro afferma che “i Vangeli non ci riportano nessuna parola di Giuseppe di Nazareth, niente, non ha mai parlato”, ma il suo silenzio è “pieno di ascolto, un silenzio operoso, un silenzio che fa emergere la sua grande interiorità”.
Ite ad Joseph, “Andate da Giuseppe” – il titolo del libro – sono le parole con cui la Chiesa, sin dai suoi inizi, dopo aver rivolto suppliche alla Vergine Maria, si rivolge allo sposo della Madre di Dio e padre terreno di Gesù, Figlio di Dio. E Ite ad Joseph sono le parole che si trovano nelle tante cappelle a lui dedicate. L’autrice rivolge un appello ai lettori: “Vorrei dire a tutti, proprio a tutti: ‘Ite ad Joseph’. Andate da san Giuseppe: è padre di tenerezza e uomo di speranza!”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.