I Santi Paolo Miki e compagni martiri vengono solennemente celebrati dalla Chiesa Cattolica il 6 febbraio. Paolo Miki rappresenta in assoluto il primo martire cristiano giapponese morto per non aver rinnegato il Signore: è bene specificare che non si tratta di un missionario europeo morto in terra nipponica, ma di un giapponese che ha abbracciato la fede cristiana e per essa è morto. La figura di Paolo Miki si inquadra in un contesto, quello del Giappone, in cui una profonda opera di evangelizzazione era stata iniziata e portata avanti da San Francesco Saverio che raggiunse questa lontanissima terra tra il 1549 e il 1550 e poi dalla Compagnia di Gesù. La conversione dei giapponesi fu, per quei tempi, molto importante anche tenuto conto della cultura e dalla lingua profondamente diverse da quelle occidentale: si pensi che nel 1587 si contarono almeno 200.000 cristiani e tra questi vi era Paolo Miki, nato nel 1556 a Kyoto, cuore della cultura giapponese.
San Paolo Miki, la sua vita
San Paolo Miki, battezzato a cinque anni, entrò in un collegio di Gesuiti di Anzuciana a soli venti anni e, presi i voti, divenne uno dei seguaci di Sant’Ignazio. Nonostante la sua lingua madre, imparò il latino a dispetto delle difficoltà e studiò bene il buddismo, in modo da poter conversare con i monaci e convertire più facilmente più anime possibili, usando però principalmente il cuore e non tanto le parole. I cristiani come Paolo Miki erano, fino al 1590, rispettati tanto che, previa autorizzazione dello shogun Hideyoshi, furono organizzate spedizioni giapponesi allo scopo di incontrare Papa Gregorio XIII. L’arrivo però di arroganti marinai spagnoli cristiani, i contrasti tra ordini religiosi e la paura che l’unità del Giappone potesse essere messa in pericolo dalla diffusione del cristianesimo, portò lo stesso shogun ad espellere dal paese tutti i gesuiti. Paolo Miki continuò ad operare in segreto ma, l’arrivo di altri missionari, portò lo stesso Hideyoshi a decretare l’arresto dei cristiani.
Paolo Miki fu arrestato nella città di Osaka e incarcerato a Meaco, dove si ritrovò in compagnia di altri 26 cristiani, tra laici, gesuiti e francescani. Tutti subirono le più terribili torture, quali il taglio dell’orecchio e la gogna mediatica: la morte sopraggiunse il 5 febbraio del 1597 presso la “Santa Collina” di Nagasaki, dove tutti furono legati a croci e qui trafitti da lance. Tra i martiri vi era un ragazzino di tredici anni che, morente, cantò il Laudate Pueri Dominum; Paolo Miki invece pronunciò le stesse parole che il Cristo pronunciò sulla croce “Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito”. Nel 1862 Paolo Miki fu santificato da Papa Pio IX. Qualche anno prima, nel 1846, Daniele Comboni trovò ispirazione dalla storia di Paolo Miki per intraprendere una carriera missionaria a soli quindici anni, adoperandosi dunque per la conversione dei paesi africani.
Gli altri Beati di oggi
Il 6 febbraio si celebrano anche i Santi Martiri Giapponesi, Amanzio di Saint-Trois-Chateaux, Brinolfo Algotsson, Alfonso Maria Fusco, Amando di Maastricht, Francesco Spinelli, Antoliano, Pietro di San Dionigi, Guarino di Palestrina Dorotea di Alessandria, Filippo di Gesù, Ina, Matteo Correa Magallanes, Melis di Ardagh, Renilde, Pietro Battista Blasquez, Silvano di Emesa, Vedasto (Gastone) di Arras e i beati Teresa Fernandez, Ildegonda, Compagno da Recanati Crodobaldo di Marchiennes, Antimo da Urbino, Biagio da Cento e Angelo da Furci.