Il 2025 segna il raggiungimento della prima metà della attuale legislatura e pertanto viene naturale prendere l’occasione per fare il punto della situazione di quello che si è fatto e di quello che si vorrebbe fare nel prosieguo delle attività sia di governo che di opposizione. Nello specifico è di interesse il caso del ministro della Salute, Orazio Schillaci, che da una parte ha emanato un “Atto di indirizzo per l’anno 2025” nel quale fornisce le linee di attività per la costruzione degli obiettivi strategici per l’anno in corso e dall’altra ha sintetizzato, in una puntata di Future in Healthcare (format di Quotidiano Sanità e Homnya dedicato al dialogo con i protagonisti della sanità del futuro), quali sono le sue priorità per il governo del Servizio sanitario nazionale (SSN).
In termini generali, scrive il ministro, occorre “Rilanciare il sistema sanitario mettendo a disposizione più risorse finanziarie, umane, digitali, strumentali, strutturali e tecnologiche, laddove necessarie”, perché questo “creerà le condizioni favorevoli per un incremento delle relative potenzialità in termini di efficienza, resilienza e inclusività, contribuendo a costruire una sanità del futuro più moderna, accessibile ed equa”, ed in termini di priorità dice: “Io metterei al primo posto sicuramente la valorizzazione dei professionisti sanitari. … Poi c’è il grande tema dei fondi europei del PNRR, che va in due direzioni: da una parte il potenziamento della medicina territoriale e dall’altro la telemedicina, la digitalizzazione della sanità. … E poi un punto che mi sta veramente a cuore: le liste d’attesa. Questi sono sicuramente i punti sui quali stiamo lavorando con maggiore attenzione e sui quali vorremmo dare risposte il prima possibile, comunque entro l’anno”.
Più nello specifico ecco cosa si prevede di fare.
Personale: partendo dall’assunto che il capitale umano costituisce la leva essenziale per migliorare il livello qualitativo della sanità pubblica e che nessuna innovazione tecnologica potrà sostituire il valore del lavoro dei professionisti sanitari, il ministro ritiene che il personale sia innanzitutto “da valorizzare attraverso un percorso migliorativo che interessi le condizioni di lavoro, il trattamento economico e i livelli assunzionali”, e che debbano essere previste “misure volte al superamento del tetto di spesa per l’assunzione del personale del Servizio sanitario nazionale, anche mediante la modifica della metodologia per la determinazione dei relativi fabbisogni”.
Il problema del personale riguarda soprattutto gli infermieri, che già oggi presentano una carenza di figure che è strutturale e non contingente (o conseguenza della pandemia), mentre per i medici le difficoltà sono odierne solo per alcune discipline, in primis la medicina d’urgenza e la medicina di base ma diventeranno rilevanti nei prossimi anni sia per l’elevato livello di pensionamenti che interesserà la categoria senza un adeguato rimpiazzo numerico (per errori di programmazione degli anni passati), sia per la fuga dal SSN che sta caratterizzando queste figure, per via dell’attrazione che esercitano le attività del privato o (almeno per certe regioni di confine) l’estero. Il tutto all’interno di una questione generale che ha caratterizzato questi ultimi 10-15 anni che è il tetto di spesa per il personale imposto al SSN, tetto che necessita assolutamente di essere rivisto o, meglio, abolito.
Tra le aree mediche che meritano particolare attenzione e delle quali si è molto parlato nelle ultime settimane c’è sicuramente la medicina generale (MMG) e la necessità della sua riforma.
Non si tratta solo del dibattito sulla collocazione strutturale della figura (dipendente o libero professionista), ma innanzitutto di rendere più attrattiva la professione del medico di famiglia agli occhi dei giovani, di rivedere il percorso formativo facendo diventare anche la medicina generale una specializzazione universitaria, di ridurre l’eccessivo carico burocratico che i MMG spesso lamentano, e così via: come dice anche il ministro, “occorre avere una prospettiva, un orizzonte di una professione più moderna e più adatta ai tempi e a quelle che sono le richieste dei cittadini e di salute di una popolazione particolarmente longeva, ma spesso affetta da tante malattie croniche”.
Il MMG è chiamato in causa anche per il nuovo ruolo che gli viene richiesto per implementare, grazie alle opportunità offerte soprattutto dal PNRR, la riforma della medicina del territorio, seconda priorità che il ministro sottolinea.
Per il momento il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza ha visto soprattutto la realizzazione (nuova o di rimessa a nuovo) di strutture murarie all’interno delle quali però poco si vede in termini di attività sanitarie e sociosanitarie, ed uno dei motivi (ma probabilmente il principale) è proprio la accennata carenza di personale.
Da una parte è vero che i fondi del PNRR erano destinati esclusivamente alle infrastrutture e non erano stati previsti fondi ad hoc per il personale, ma dall’altra è altrettanto vero che senza il personale, già carente, non si possono realizzare le attività, ed anche l’intervento auspicato della tecnologia – telemedicina, digitalizzazione della sanità, fascicolo sanitario elettronico, … – potrebbe esaurirsi in un business per i produttori ma senza alcuna positiva ricaduta per il servizio sanitario.
Tra le priorità poi, e ci avrebbe sorpreso il contrario, inevitabilmente il ministro richiama il tema delle liste di attesa per l’erogazione delle prestazioni. In questo caso bisogna riconoscere innanzitutto la complessità del problema, la cui soluzione non può essere affidata esclusivamente ad un allargamento delle ore di attività dei servizi (aperture serali, al sabato e alla domenica) come solo poche regioni hanno iniziato a fare, oppure ad una maggiore disponibilità di informazioni (centro unico di prenotazione), o ancora alla possibilità di fare alcuni esami diagnostici negli ambulatori dei MMG.
Si tratta di mettere mano, e non è cosa facile, al problema della inappropriatezza (prescrittiva ed erogativa), della medicina difensiva, dell’approccio medicalizzato alla salute che caratterizza (anche grazie ad internet ed alla pubblicità) i tempi che stiamo vivendo.
Nel documento “Atto di indirizzo per l’anno 2025” il ministro tocca anche altri tasti che meritano di essere ricordati: il rafforzamento del sistema di prevenzione, per il quale il titolare della Salute si propone di portare il finanziamento dall’attuale 5% del fondo sanitario al 7-8% (cioè 4 miliardi in più), il ruolo delle farmacie, la ricerca sanitaria, la riduzione delle disuguaglianze tra le regioni nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), l’innovazione tecnologica nel campo dei dispositivi medici, nonché lo sviluppo di politiche internazionali per la creazione di uno spazio europeo della salute con un ruolo propulsivo dell’Italia.
Naturalmente si può discutere se siano tutte queste le reali priorità del SSN (di sicuro si tratta di temi che richiedono un intervento), se c’è lo spazio e la volontà del governo per intervenire in maniera efficace (per il momento gli interventi attuati su varie tematiche – personale, liste di attesa, PNRR, … – non si sono dimostrati risolutivi) o se ci si debba concentrare su altro (esempio: un aumento sostanzioso del finanziamento, come richiesto da alcuni partiti di opposizione; una maggiore autonomia regionale; …): vedremo nella seconda parte della legislatura quanto il ministro ed il governo che rappresenta saranno capaci di realizzare le priorità che si sono dati.
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