L'ambasciatore russo alla Santa Sede Ivan Soltanovsky riflette sulla pace in Ucraina e sul ruolo che il Pontefice può avere per porre fine alle ostilità
La volontà di risolvere la guerra in Ucraina c’è, ma mancano ancora soluzioni strutturali alle cause profonde e storiche del conflitto, con la Santa Sede che – in tal senso – può giocare un ruolo fondamentale per facilitare il dialogo tra le parti: a dirlo è Ivan Soltanovsky, l’ambasciatore russo presso il Vaticano che ha recentemente incontrato la redazione del quotidiano Avvenire, recentemente arrivato a Roma dopo una lunga esperienza nel ruolo di rappresentante al Consiglio d’Europa.
Proprio il dialogo tra Mosca e la Santa Sede – spiega Soltanovsky – è sempre stato “rispettoso, continuo e pragmatico“, con quella che definisce una “positiva eccezione” rispetto al resto del mondo occidentale; e mentre per la Federazione il Vaticano non può essere un vero e proprio “mediatore politico” sul conflitto in Ucraina, può certamente essere “un facilitatore” in grado di “favorire il dialogo” e “creare un clima più sereno” in vista dei colloqui.
Un ruolo che secondo l’ambasciatore è certamente migliore rispetto a quello esercitato da chi “dice di voler porre fine alle ostilità e poi riarma le autorità di Kiev“: la proposta di dialoghi alla Santa Sede – precisa Soltanovsky – è certamente “apprezzata”, ma il problema di accettarli è soprattutto legato a “congiunture politiche e di natura logistica“, facilmente superabili su territori come “la Turchia che (..) non ha introdotto restrizioni” ai viaggi da Mosca.
Soltanovsky: “Senza soluzioni strutturali alle cause profonde della guerra in Ucraina, un cessate il fuoco casrebbe inutile”
Proprio in tal senso sarebbe andata le telefonata dello scorso 4 giugno tra Papa Leone XIV e Putin, la prima dello scoppio della guerra e nella quale – spiega Soltanovsky – si è discusso di “questioni di portata mondiale“, tra la situazione “drammatica dei cristiani nel mondo”, il “Medio Oriente” e – ovviamente – l’Ucraina con il presidente russo che “ha spiegato le ragioni della nostra politica” e tutte quelle “ramificazioni, conseguenze e dimensioni più ampie” del conflitto, spesso ignorate dall’Occidente.

“La Santa Sede – spiega l’ambasciatore – [è] un elemento di stabilità globale” ed è anche grazie a Leone XIV e al cardinale Zuppi che ci sonno stati alcuni “segnali di distensione” come “la tregua in occasione della Pasqua o il cessate il fuoco (..) per la Giornata della Vittoria”; senza dimenticare neppure “i gesti umanitari” come “lo scambio di mille prigionieri di guerra o la riconsegna dei corpi degli ucraini caduti” e proprio per questo il giudizio della Federazione sulla “diplomazia umanitaria” della Santa Sede è “molto positivo”.
D’altra parte – conclude Soltanovsky – per arrivare a una vera e propria pace in Ucraina che “anche il popolo russo [e] la sua classe dirigente” cercano, occorre rimuovere “le cause che hanno portato agli scontri”, tra l’avvicinamento dell’Ucraina – che dal conto russo dovrebbe restare “neutrale”, precisa – “alla NATO”, passando per “il divieto dell’uso della lingua russa per i cittadini ucraini” e arrivando fino alle “discriminazioni della Chiesa ortodossa canonica”: senza questi fondamentali passi “un cessate il fuoco” finirà solamente per essere una scusa per rifornire Kiev “di nuovi armamenti”.
