Ambrogio, padre della Chiesa, ha dato a Milano una forza che non è riducibile alla politica o alla teologia, ma in un amore per Cristo vivo e presente

Si racconta che Giustina, la mamma dell’imperatore Valentiniano II, avesse un animo profondamente ariano e influenzasse non poco le politiche del suo giovane figlio. Gli ariani negavano la divinità di Cristo ed erano stati condannati dalla Chiesa sia a Nicea nel 325 che a Costantinopoli nel 381. Eppure, nella Milano del 385, l’imperatore – spinto dalla madre – chiese al vescovo della città, Ambrogio, di concedere alla residuale comunità ariana presente in diocesi l’utilizzo di una basilica.



Ambrogio rifiutò categoricamente. Oggi una decisione del genere farebbe scandalo ed esporrebbe la Chiesa a scelte simboliche o ad accuse perentorie come manifestazioni pubbliche di dissenso o infamanti dossieraggi sulla persona di Ambrogio.

Il popolo del tempo, invece, si schierò con il vescovo e, quando le guardie imperiali si attrezzarono per requisire la basilica Portiana per consegnarla ai discepoli di Ario, non solo seguì Ambrogio che si barricò dentro l’edificio sacro, ma circondò la basilica stessa e ne rallentò l’assedio. Che cos’aveva quella gente che noi non abbiamo? Qual era la consapevolezza che dava senso e struttura alle loro azioni?



Certamente la differenza non stava nella cultura, nella teologia o in una straordinaria capacità di lettura dei “segni dei tempi”. Non erano ideologi, ma poveri peccatori, gente che in pochi decenni avrebbe visto saccheggiare Roma e crollare il mondo intero. Ma questo veniva dopo.

Prima di ogni ragionamento, di ogni calcolo, di ogni scelta politica c’erano alcune piccole grandi cose che rendevano quelle generazioni di cristiani quanto meno diverse dalle attuali.

Anzitutto la certezza che loro, così com’erano, avevano incontrato Cristo. Nella percezione di fondo non c’era alcuna distanza tra il loro incontro e l’incontro degli apostoli: Cristo era risorto, vivo, e lo avevano incontrato davvero.



Quest’incontro, lungi dall’essere un’emozione soggettiva, coincideva con l’oggettività della Chiesa: Cristo si incontra nella Chiesa guidata dal vescovo. C’era dunque un’esperienza della fede dove il dato scritturistico coincideva con il dato di realtà.

Concilio di Nicea, Chiesa Stavropoleos, Bucarest (particolare)

Ma non solo. L’incontro con Cristo, per ognuna di quelle donne e di quegli uomini che si barricarono con Ambrogio, aveva generato un cambiamento reale della vita. L’incarnazione del Verbo non era soltanto una verità di fede, ma un fatto talmente entrato nel quotidiano dell’esistenza che era evidente che l’estrema conseguenza dell’incarnazione era la misericordia, la mossa che Dio fa verso il cuore di ciascuno di noi perché quel cuore non vada perduto.

Ambrogio era l’uomo della fede, l’uomo della presenza, l’uomo che continuamente ricordava quella gratitudine che altro non era che la risposta più adeguata al miracolo della vita. Nihil Deus tam proprium habet quam misericordiam, diceva nel De officiis: niente è più proprio di Dio di quell’amore viscerale che ti cambia.

Di che cosa noi oggi siamo grati a Dio? Di averci sistemato qualche tassello dell’esistenza? Di aver messo ordine dove noi vedevamo solo disordine? Di essere un buon argomento per le nostre battaglie pacifiste o identitarie? Chi è ancora grato a Cristo, magari segretamente, per avergli cambiato la vita? Chi percepisce dentro di sé questo cambiamento? Chi potrebbe ancora difendere una basilica da gente che nega che Cristo possa cambiare il cuore dell’uomo? Quale esperienza della realtà occorre fare per maturare una posizione del genere?

Festeggiare sant’Ambrogio significa tornare alle radici dell’incarnazione, tornare al mistero di verità e di libertà che permette ad una città, ad una collettività, di essere umana, aperta, veramente in dialogo. Il dialogo, infatti, non è arrendevolezza, ma consapevolezza.

Ambrogio ha dato a Milano una forza che non è riducibile alla politica, al canto, alla letteratura o alla teologia. La forza di Ambrogio sta in un’esperienza della fede che genera gratitudine e, generando gratitudine, diventa teologia, letteratura, canto e politica.

Sta a noi scegliere se sant’Ambrogio è un giorno che allunga il ponte dell’Immacolata o è un abbraccio in cui porsi quelle domande che ci introducono inevitabilmente nel grembo di Maria. In una storia fatta di grazia, di redenzione. E di basiliche difese in nome di qualcosa di così reale che nessun ariano ci può portare via.

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