SCENARIO/ Cingolani: tasse, manovra, Alitalia, i flop del Governo delle lunghe attese

- Stefano Cingolani

Il Governo attende di sapere quando arriveranno i soldi del Recovery fund, non riesce a sciogliere i nodi sulla manovra e c'è il timore di nuovi lockdown

palazzochigi governo 1 lapresse1280 640x300 Palazzo Chigi (LaPresse)

Il Conte bis, quello giallo-rosso, doveva diventare, secondo speranze trasversali, un Governo di più larghe intese, a questo era ispirata l’idea molto francese degli Stati generali. Invece, appare ogni giorno di più come il gabinetto delle lunghe attese. Intanto attendiamo che si riunisca (il consiglio dei Ministri è previsto tra oggi o domani) per sapere come sarà la Legge di bilancio per il 2021, che fine faranno il reddito di cittadinanza e quota 100, quanti e quali incentivi verranno destinati all’industria, se ci sarà e in che misura una prima riduzione delle imposte sui redditi. Dovremo attendere, questo è già chiaro, che si sblocchi a Bruxelles l’impasse sul piano per la ripresa o meglio il Next Generation Eu, per conoscere quando arriveranno i 209 miliardi anch’essi febbrilmente attesi e desiderati. Dobbiamo vedere, però, su che cosa punterà l’Italia, se sarà una maionese impazzita oppure un vero progetto, cifre e date precise, concentrato su priorità strategiche. L’impegno è che la nebbia si dissolva a metà del mese con il Documento programmatico di bilancio. Aspettiamo e vediamo, wait and see.

Nell’attesa forse dovremo ingoiare il rospo, vero o presunto che sia, e chiedere un prestito al Meccanismo europeo di stabilità. Infatti, anche se non ci sono ancora i dettagli, 22 miliardi di euro su 40 saranno nuovo debito che si aggiunge a quello accumulato. È vero che anche il Mes finirà ad accrescere il debito pubblico a differenza delle erogazioni a fondo perduto comprese nel cosiddetto Recovery fund, ma i tassi sono minimi e i tempi di restituzione massimi: possiamo rimandare ancora visto che stiamo raschiando il fondo del barile di Stato?

Aspettiamo che si risolva il pasticcio delle autostrade, per non parlare dell’Alitalia o della rete unica digitale che forse non sarà unica, ma plurima anche se aperta. Aspettiamo che vengano sbloccati i cantieri, una misura tanto a lungo annunciata che noi stessi credevamo fossero stati già sbloccati. Aspettiamo di capire se la Legge di bilancio conterrà quanto meno i criteri fondamentali ai quali è ispirato il fondo per la ripresa, così come raccomanda la Commissione europea non solo all’Italia, ma a tutti i Paesi che s’apprestano a presentare le loro “finanziarie”.

Al consiglio dei Ministri il titolare dell’Economia Roberto Gualtieri presenterà un impegno di spesa robusto che rischia di diventare insufficiente soprattutto se la seconda ondata che vediamo arrivare si abbatterà di nuovo sul Paese. Anche senza un confinamento generale, eventuali lockdown locali o peggio ancora regionali sono destinati a colpire i consumi e la produzione, la domanda e l’offerta, soprattutto le aspettative e lo stato d’animo della gente. Quindi a produrre nuovi effetti negativi sul prodotto lordo oltre che sul sistema sanitario, per il quale le risorse messe a disposizione non sembrano adeguate.

Quest’anno il Pil dovrebbe cadere del 9% se la situazione non peggiora nei prossimi mesi; l’anno prossimo, sostiene il ministero dell’Economia, potrebbe risalire del 6%, con una perdita secca di tre punti rispetto al 2019. Il rimbalzo non riporta la palla all’asticella dello scorso anno che era già più bassa rispetto a quella dei maggiori paesi dell’Eurolandia. Non stiamo facendo i gufi dell’ultim’ora, cerchiamo di guardare in faccia la realtà, anche se non è certo un bel vedere.

Tra tutte le attese quella più spasmodica riguarda senza dubbio la riforma fiscale. Non parliamo della grande riforma per la quale davvero bisognerà trovare un consenso ampio, ma di quella più piccola annunciata dal Governo. Intanto lo spazio lasciato dalla Legge di bilancio è davvero stretto: otto miliardi l’anno prossimo che dovrebbero salire a 13 nel 2022, ma è inutile proiettare le previsioni così lontano. Inoltre, non sembra che sia stato sciolto il nodo di fondo: puntare a un’aliquota flessibile disboscando buona parte della giungla di detrazioni e deduzioni, oppure ritoccare le due aliquote centrali nelle quali si contra la massa di redditi medi, continuando a cercare scappatoie forse legali, ma non proprio morali.

Resta, secondo le indiscrezioni, il taglio del cuneo fiscale di 2-3 miliardi (non un granché) per aiutare le imprese e verranno prolungati gli ammortizzatori sociali. Anche qui una lunga attesa non solo che finisca la recessione, ma che si metta mano a una riforma del mercato del lavoro. Potrebbe essere d’aiuto la Sure, la cassa integrazione europea dalla quale l’Italia può ottenere 27,4 miliardi, la quota più alta di tutti i Paesi.

Aspettiamo, anche se non è apparsa finora nessuna intenzione di cambiare questo vero e proprio pilastro del welfare state. Siamo pazienti e la pandemia ci ha abituati a metterci in fila davanti ai supermercati, al bar, al ristorante o all’ambulatorio. Tuttavia, come dice il vecchio adagio, anche la pazienza ha un limite e di Giobbe ce n’è uno solo persino nel Vecchio Testamento.





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