Nella maggioranza andranno sciolti i nodi relativi al fisco e alla difesa, ma urge anche un patto per la produttività
Ieri al Senato è stato presentato il Rapporto sulla politica di bilancio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, nel quale vengono riconosciuti i risultati conseguiti dalla linea di prudenza e responsabilità sulla finanza pubblica scelta dal Governo, che dovrà essere portata avanti per tenere alta la fiducia dei mercati.
Dall’Upb, come evidenzia l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, è arrivato, però, anche un nuovo richiamo sul peso che la bassa produttività ha sulla nostra economia: «La Presidente Lilia Cavallari ha infatti detto che “le potenzialità di crescita appaiono modeste in ragione di andamenti demografici sfavorevoli e di una dinamica contenuta della produttività”».
Bisognerebbe arrivare a un patto per la produttività, sollecitato in più occasioni negli ultimi mesi?
C’era già stato un invito in questa direzione negli anni passati allorquando era riesplosa l’inflazione, ma non se n’è fatto nulla. Oggi sarebbe il caso di riprendere questo discorso. Il 26 giugno è in programma un incontro tra Confindustria e sindacati in cui si parlerà anche di salari e mi auguro possa rappresentare un primo passo per cercare poi di allargare il confronto e cominciare a parlare di un patto sul lavoro e sulla produttività che chiami in causa anche il Governo.
Cosa potrebbe fare il Governo in questo campo?
All’Assemblea di Confindustria la Premier Meloni ha detto che vorrebbe destinare 15 miliardi al sostegno dell’occupazione e all’aumento della produttività. Si può, quindi, immaginare una forte defiscalizzazione dei contratti di produttività o di iniziative legate al welfare aziendale piuttosto che il potenziamento del “piano casa” per i neoassunti che accettano di trasferirsi in altre città, in modo da alleviare i costi dell’affitto.
Non c’è il rischio che anche questa volta non si arrivi a finalizzare alcun un patto?
I referendum di inizio mese hanno di fatto bloccato il confronto su questi temi. Al momento la Cgil pare ancora molto arroccata. Non so, quindi, che spazi concreti ci siano oggi, ma bisogna cominciare a discuterne e l’appuntamento del 26 giugno rappresenta un passaggio importante. Speriamo si smuova qualcosa.
Intanto si è smosso l’indice della produzione industriale, dopo 26 mesi consecutivi di calo tendenziale…
È un segnale già di per sé importante, perché è stata interrotta una tendenza negativa durata oltre due anni. Non bisogna però immaginare che il problema sia risolto, perché la situazione dell’industria automobilistica resta drammatica e sappiamo anche qual è il rischio che incombe sull’ex Ilva. La Cavallari ha ricordato che persiste il problema relativo alla fiducia delle imprese, su cui incide ovviamente anche l’incertezza relativa ai dazi americani.
Cosa può fare il Governo per cercare di accrescere la fiducia delle imprese?
Può cercare di favorire la ripresa dei loro investimenti modificando Transizione 5.0. Può anche ampliare l’Ires premiale o quanto meno cominciare a rendere strutturale quella introdotta quest’anno, come ha detto il viceministro dell’Economia Leo nel suo intervento agli Stati Generali dei commercialisti.
Un appuntamento che ha fatto emergere delle divisioni all’interno del Governo…
Esistono visioni diverse all’interno della maggioranza sulle priorità in materia fiscale, non solo tra Lega e Forza Italia: anche Fratelli d’Italia la pensa diversamente dagli alleati. Le risorse non consentono di fare tutto quello che si vorrebbe. Probabilmente, anche per arrivare a una misura in grado di dare un segnale importante ai contribuenti, soprattutto a quel 15% circa che da solo rappresenta più del 60% del gettito Irpef, bisognerebbe fare qualcosa di più in termini di spending review e di privatizzazioni, su cui il Governo aveva tra l’altro preso l’impegno di arrivare a introiti per circa 20 miliardi di euro.
I conti per il Governo rischiano di essere complicati anche dalla richiesta di aumentare la spesa per la difesa, inserita tra le Raccomandazioni della Commissione europea.
Anche su questo fronte ci sono visioni differenti all’interno della maggioranza ed è un nodo che andrà affrontato. Quindici Paesi hanno chiesto di attivare la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità per aumentare le spese per la difesa. Il ministro Giorgetti ha motivato la sua prudenza su questa tema e ha anche spiegato che ritiene opportuno attendere il vertice Nato del 24-25 giugno per valutare il da farsi, in modo da capire anche quali saranno gli impegni che verranno presi su questo fronte dai Paesi membri dell’Alleanza Atlantica e quali spese potranno effettivamente essere computate per raggiungerli.
A fine giugno, dunque, ci sono degli appuntamenti che possono essere cruciali per il nostro Paese.
Sì, anche per quel che riguarda i chiarimenti all’interno della maggioranza. Probabilmente avremo un’estate abbastanza “frizzante” perché inizierà inevitabilmente il dibattito sulla prossima Legge di bilancio. Sarà interessante capire cosa entrerà nella manovra per il 2026. Per esempio, potrebbe anche essere che una misura tangibile per la riduzione delle tasse possa essere rinviata al 2027 visto che si tratta dell’anno elettorale. I prossimi due mesi si annunciano, quindi, molto interessanti.
(Lorenzo Torrisi)
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