In un inizio di settembre pervaso dalla conflittualità politica, in vista delle elezioni, ove la parola d’ordine è compiacere all’elettorato seducendolo con slogan fiabeschi di paradiso terrestre, il resto del mondo continua a girare verso un autunno pieno di foreste che camminano. Foreste che iniziano ad avere i loro effetti negativi sul nostro sistema industriale e sociale: emerge con tutta la sua gravità il problema del costo dell’energia e del caro bollette.
Era prevedibile questo scenario che inizia a delinearsi, ove affiora al momento, solo la punta dell’iceberg? Niall Ferguson, noto saggista e professore di fama mondiale di storia contemporanea, con un suo articolo su Bloomberg dello scorso 20 maggio ne aveva già delineato il quadro, su cui è poi tornato anche in una recente intervista al Sole 24 Ore.
La lettura è accattivante e rapisce l’attenzione. Ferguson, essendo uno storico, disserta inizialmente sul senso della storia. Afferma che non crede nei cicli storici individuati nel tempo da economisti o scrittori quali, ad esempio, Oswald Spengler nel suo libro Il declino dell’Occidente del 1922 o Ray Dalio nel recente The Changing World Order, né che la storia abbia un fine predestinato, come recentemente ha ribadito Francis Fukuyama in un suo recente saggio.
Afferma invece che la storia è l’interazione di molti sistemi complessi e, a intervalli imprevedibili, il sistema globale si modifica con un’importante transizione provocata talvolta da un evento anche minimo e non correlato come il battito della famosa farfalla di Lorenz. Allora la guerra della Russia in Ucraina potrebbe essere sufficiente a innescare una valanga di eventi negativi e di conflitti, così come la politica monetaria restrittiva della Fed può determinare una modifica alle abitudini delle famiglie e delle imprese di tutto il mondo.
Due eventi, questi, uno geopolitico e uno economico, che si sono presentati contemporaneamente senza preavviso, ma forieri di ulteriori problemi prima che si possa tornare alla normalità. Interessante e preoccupante questo punto, in quanto la normalità è definita come un periodo di un anno, durante il quale gli eventi economici, sociali e politici non si discostano troppo radicalmente dalla media degli ultimi dieci anni precedenti.
Ferguson ricorda che il periodo storico più somigliante all’attuale sono gli anni 70 del secolo scorso. Allora, come oggi, vi fu un inasprimento della politica monetaria statunitense e una guerra, dello Yom Kippur, fra Israele e Paesi arabi nel 1973, che fece aumentare il prezzo del petrolio di ben quattro volte. Questo fu determinato a causa di un’offerta rarefatta sia per la scarsità di prodotto legata alla chiusura del Canale di Suez, sia per il deliberato rialzo imposto dai paesi produttori arabi in rappresaglia al sostegno occidentale verso Israele.
Ne consegue – avverte Ferguson – che, se l’esperienza degli anni 70 del secolo scorso offre uno spunto di riflessione, non c’è da aspettarsi un rapido ritorno della normalità, sia in termini macroeconomici che geopolitici. Dovremmo prepararci ad eventi negativi nei prossimi anni e ciò renderà molto difficile mantenere l’inflazione al 2% programmato.
L’inflazione negli anni 70 lievitò in un decennio nel mondo di oltre il 10% annui, in Italia superò il 20%, e nei primi dodici mesi dallo scoppio della guerra raggiunse il 43%. Ovvio che arrivarono anche tensioni sociali, crisi economica e recessione. Ma poiché la storia non è ciclica, questo esercizio di previsione non è certo – afferma Ferguson -, ma allo stesso tempo si domanda cosa ci aspetta nel prossimo futuro.
La conclusione è netta: con l’avvento dell’inflazione che perseguirà nel tempo, di solito arriva la recessione, con il pericolo di stagflazione che determina l’aumento dell’indice della miseria, costruito come la somma dell’inflazione e del tasso di disoccupazione.
È probabile questo scenario? Molto. Ancora, ci sarà recessione nel 2023 negli Stati Uniti. E l’Europa? Più continua la guerra in Ucraina, più è probabile che anche l’Europa entri in recessione.
Il pensiero spazia e corre al resto del mondo: anche la Cina con la politica zero Covid ha fatto precipitare la produzione industriale e ci sono evidenti cali della domanda delle famiglie cinesi, un aumento della disoccupazione e il mercato immobiliare in difficoltà.
Come negli anni 70 i danni più gravi saranno subiti dalle economie dei Paesi in via di sviluppo. La Turchia è in difficoltà, l’Iran ha aumentato i beni di prima necessità fra il 100% e il 300%, in Libano l’80% della popolazione vive in povertà, il San Salvador che aveva promosso il Bitcoin come valuta di riserva, con il crollo delle criptovalute è destinato al default entro gennaio 2023. Ma le criptovalute hanno contagiato anche Vietnam, India e, in particolare, Pakistan, dove vi è già stato un avvicendamento al governo.
In Africa la situazione è ancora più fragile: i governi di Mali, Guinea, Sudan e Burkina Faso sono stati sostituiti. In Etiopia la guerra civile continua e la Somalia è allo stremo, con il prezzo del grano in aumento e con la siccità in gran parte del Corno d’Africa la carestia incombe ovunque.
Ferguson, alla fine, ci rammenta una nota di costume: nonostante tutto, gli anni 70 del secolo scorso hanno sdoganato la società permissiva, la ricerca del piacere e la copulazione zipless; insomma, una società svincolata dai dogmi e dalle regole con un consumo iperbolico di alcol, droghe e tabacco. Non si può confermare il ripetersi del tutto, ma la domanda viene spontanea.
Ora, e focalizzandoci sull’Italia, quali conclusioni possiamo trarre dopo aver letto tutto questo? Ricordiamo anche noi gli anni 70: l’inverno del 1973, quando scoppiò la guerra arabo-israeliana, fu dominato dall’austerity e dal razionamento dei combustibili, dalle domeniche con le targhe alterne, dalle strade con i lampioni spenti. Se continuerà la carenza di gas russo è certo che andremo verso un razionamento. Ne sono una conferma gli ultimi dati pubblicati da Edmond De Rothschild: l’Italia non ha forniture di gas e riserve sufficienti per tutto il prossimo periodo freddo, considerando la media dei consumi degli ultimi cinque anni.
Ma l’inverno del 1973 viene ricordato anche per scioperi, fabbriche chiuse, recessione, inflazione e terrorismo, i cosiddetti “anni di piombo”, che non degenerarono solo con l’introduzione della scala mobile che salvaguardava le classi meno abbienti salariate e pensionate.
È vero, come dice Ferguson, la storia non è ciclica, anche se il sottoscritto non condivide, ma comunque conoscerla può aiutare a comprenderne e ad anticiparne l’esperienza.
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