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Home » Sanità, salute e benessere » SCENARIO SALUTE/ Malattie cardiovascolari, i numeri dei morti (e il Sud) chiedono una svolta “politica”

  • Sanità, salute e benessere

SCENARIO SALUTE/ Malattie cardiovascolari, i numeri dei morti (e il Sud) chiedono una svolta “politica”

Carlo Zocchetti
Pubblicato 8 Giugno 2025
Le malattie cardiovascolari in Italia uccidono più dei tumori

Le malattie cardiovascolari in Italia uccidono più dei tumori

Malattie cardiovascolari prima causa di morte in Italia (30,8% dei decessi), ma ricevono meno attenzione dei tumori. E l’UE sta preparando un piano

Quando si parla di qualche specifica patologia sui mezzi di comunicazione, il pensiero va quasi sempre ai tumori: è giusto, è una patologia molto frequente, sono malattie contro le quali è in atto una battaglia a tutto campo che dimostra di raggiungere molti risultati positivi, è il contesto sanitario dove si è massimamente sviluppata la tecnologia degli screening per la diagnosi precoce.


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Sono patologie che vedono il coinvolgimento di molte associazioni di diversa natura con iniziative sia per la raccolta di fondi che per l’assistenza e l’aiuto ai cittadini malati, è un settore dove si sta facendo molta ricerca scientifica e dove sono note molte informazioni quantitative grazie anche alla presenza di strutture come i registri tumori, ed anche la programmazione sanitaria vi sta mettendo la dovuta attenzione grazie a diversi piani oncologici ed allo stanziamento di fondi dedicati.


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E ci sarebbero tante altre cose da dire, compreso il fatto che si potrebbe fare ancora di più, ma, mentre facevo queste riflessioni, mi è passata per le mani (virtualmente, cioè attraverso internet) una recente pubblicazione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dedicata invece al contesto delle malattie cardiovascolari (Malattie cardiovascolari: fattori di rischio, mobilità sanitaria e mortalità nelle Regioni italiane, Rapporti Istisan 25/8, 2025), e mi è parso subito stridente il contrasto con le malattie oncologiche.

Non tanto perché le patologie del sistema cardiocircolatorio sono le più frequenti (e quindi più frequenti dei tumori), ma soprattutto perché, di primo acchito, non mi risulta presente tutto quell’interesse che è stato, giustamente, catturato dalle malattie oncologiche, e così mi è sembrato utile proporre ai lettori le notizie di maggiore rilievo proposte dall’ISS.


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Mortalità. Nel nostro Paese le patologie cardiovascolari costituiscono, in termini numerici, la causa di morte più frequente: nel 2021 (ultimo dato disponibile) il 30,8% dei decessi totali è stato attribuito a queste patologie (che costituiscono anche il 18,1% dei decessi con età inferiore a 75 anni).

Ma la buona notizia è che, pur rimanendo la patologia più frequente al decesso (quasi 217mila casi in un anno), da alcuni decenni la mortalità per queste malattie è in forte decremento e rappresenta il contributo maggiore alla riduzione della mortalità totale, perché in 41 anni (dal 1980 al 2021) il tasso standardizzato di mortalità cardiovascolare si è ridotto del 70%, passando da 904 decessi ogni 100mila abitanti a 266.

E, poiché ogni buona notizia ha sempre l’altra faccia della medaglia, si deve anche segnalare che, a fronte di una generale diminuzione nel tempo di questi decessi in tutto il Paese, vi è però un aumento delle disuguaglianze territoriali, perché, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia, ed in tutto il Sud, la mortalità non solo è più elevata rispetto alle altre regioni, sia nei maschi che nelle femmine, ma la forbice si sta allargando.

Vi è anche da notare che la mortalità cardiovascolare risulta associata al livello di istruzione, risultando peggiore dove l’istruzione è più bassa, con un impatto maggiore tra gli uomini ed in alcune regioni.

Ricoveri. Dall’analisi dei dati di ricovero ospedaliero, le malattie cardiovascolari sono il gruppo che dà luogo anche alla frequenza maggiore di ospedalizzazioni, con evidenti conseguenze sia sull’organizzazione del sistema sanitario (ospedaliero, in particolare) che sui costi che ne conseguono.

Nell’ultimo anno di dati disponibili (2023), circa il 20% di tutti i ricoveri ospedalieri sono risultati attribuibili ad una patologia cardiovascolare (circa 390mila persone ricoverate), e tra queste patologie prevalgono i ricoveri per infarto (11%) e quelli per ictus (8,5%). Anche per i ricoveri, le regioni del Sud e delle isole presentano valori peggiori rispetto al resto del Paese, con il Centro Italia in questo caso che registra i valori più bassi.

Mobilità. I dati di mobilità per ricovero tra regioni, per queste patologie, confermano valori più elevati tra le regioni del Sud e più bassi al Nord, ma, mentre nelle regioni settentrionali la mobilità risulta sostanzialmente costante nel tempo, nelle regioni meridionali da una decina di anni si registrano valori in diminuzione (anche se ancora superiori rispetto alle altre regioni).

Le patologie cardiovascolari riconoscono molti e diversificati fattori di rischio: e questo è purtroppo il tallone d’Achille del nostro Paese. Mentre tutta la letteratura disponibile indica che una buona parte degli eventi cardiovascolari potrebbe essere evitata (o ridotta nella sua gravità) se si seguono stili di vita (fumo, attività fisica, dieta…) adeguati e si monitorano alcuni fattori di rischio (pressione arteriosa, dislipidemia, diabete, obesità), purtroppo i nostri concittadini, da queste orecchie, ci sentono poco.

Ad eccezione del fumo di sigaretta (i fumatori sono passati dal 30% al 24%), dal 2008 ad oggi i dati non mostrano miglioramenti: peggiorano la sedentarietà (dal 23% al 28%, il 41% al Sud), l’obesità (33% sovrappeso, 10% obeso) e il consumo di frutta e verdura (solo il 38% degli adulti riferisce un consumo giornaliero di almeno 3 porzioni); il gradiente geografico è fortemente a sfavore del Sud Italia; le persone con maggiori difficoltà economiche o bassa istruzione presentano i dati peggiori.

Un po’ meglio, ma di poco e sempre con l’eccezione dei soggetti più svantaggiati economicamente e come scolarità, si presenta la situazione per la pressione arteriosa e per l’ipercolesterolemia, entrambe in tendenziale diminuzione nel tempo.

E allora? L’ISS conclude il suo scritto con alcuni suggerimenti: ridurre le disuguaglianze territoriali, tenere conto dei determinanti socioeconomici, migliorare l’alfabetizzazione sanitaria, promuovere programmi di promozione della salute e di contrasto ai comportamenti a rischio.

Tutto corretto, però a me pare che dal settore oncologico arrivino molte altre indicazioni, che hanno sì a che fare anche con gli analoghi suggerimenti dell’ISS (mutatis mutandis, naturalmente, per la diversità delle specifiche azioni), ma che richiamano soprattutto a un impegno più complessivo e generalizzato della società civile: la necessità di una battaglia a tutto campo, lo sviluppo di screening, il coinvolgimento di associazioni, la presenza di strutture come i registri di patologia, la programmazione sanitaria attraverso piani specifici e fondi dedicati, e così via.

Occorre cioè non solo pensare ad interventi tecnici come quelli (correttamente) suggeriti da ISS, ma serve soprattutto alzare ed estendere il livello di attenzione e di coinvolgimento dell’intera popolazione nazionale: a me questo sembra il messaggio aggiuntivo che arriva dal contesto oncologico e che può essere applicato anche alle patologie cardiovascolari.

Da questo punto di vista, credo vada visto positivamente l’annuncio fatto da Olivér Várhelyi (commissario per la Salute e il benessere animale dell’Unione Europea), secondo il quale la Commissione sta lavorando allo sviluppo di un nuovo “Piano europeo per la salute cardiovascolare”.

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