Merz, come Macron, si prepara alla guerra contro la Russia. Una guerra che non è inevitabile e che sarà nucleare a bassa intensità
Siamo giunti alla fine di un’epoca storica che ha garantito la pace dopo la Seconda guerra mondiale, un’epoca che, in Europa e nel Mediterraneo, s’era via via sempre più fondata sulla politica tedesca, da un lato, e francese, dall’altro, di relazioni internazionali. Gli Usa garantivano con la Nato la deterrenza, ma non potevano certo sostituirsi, se non sul piano dei costi della medesima, al lavorio diplomatico che è l’essenza primordiale dell’ordine internazionale.
Oggi questa consapevolezza si è via via perduta. Essa, invece, fu il baricentro politico-generale degli anni Settanta-Novanta del Novecento, che sono stati decisivi e che richiedono di essere nuovamente studiati in profondità. Quella politica mondiale – perché di ciò si trattava – era imperniata, da un lato, sulla cosiddetta ostpolitik, ovvero sul riconoscimento reciproco tra i due blocchi dominanti (Usa e Urss) da parte della Germania d’occidente, che riconosceva la spartizione che era avvenuta per mano sovietica;
dall’altro lato, vi era il pilastro della neutralizzazione nordamericana delle istanze autonomistico-imperiali della Francia gollista, che aspirava a fare di se stessa il centro di un’Europa “dall’Atlantico agli Urali” e che guardava – ben prima degli Usa – al mondo cinese con una profondità di analisi e di preveggenza che ancor oggi – oggi più che mai, se si pensa alle idiozie filo maoiste di gran parte degli osservatori di allora – ci stupisce.
Ma la cultura, lo studio, l’intelligenza non poterono sostituirsi alla potenza della centralizzazione del capitalismo Usa (allora ancora industriale), che infatti guidò la conquista imperialistica della Cina da parte del dollaro dominante, con la mossa del cavallo di Kissinger prima, e della Borsa ad alta leva di Clinton (di un capitalismo Usa che diveniva quello di oggi, di servizi e ultra- finanziarizzato) poi. Quella conquista, allora, consentì l’ascesa tedesca ai vertici del potere terrestre, fornendo alla nascente fabbrica del mondo in guisa cinese il materiale tecnico-scientifico del capitalismo industriale teutonico.
Si trattò di un processo duplice: di accumulazione allargata del capitale, da un lato, e di un tentativo di creare un nuovo ordine mondiale a mercato dispiegato e totalizzante ogni relazione umana, dall’altro. Esso doveva essere diretto dalla prepotenza imperiale nordamericana, con il suo prolungamento anglosferico e i suoi seguaci fedelissimi dell’Internazionale socialista di Blair (tutte le altre famiglie politiche mondiali erano già state conquistate da questo pacifico disegno). Ma ci fu un imprevisto che i liberisti conquistatori non compresero in tempo, perché pensavano e pensano che sia l’economicismo a guidare il corso storico e non – come accade invece – il caso e la cultura.
La Russia iniziò a sentirsi sempre più isolata e minacciata (la fecero aderire alla Wto solo nel 2011, mentre la Cina vi fu fatta aderire già nel 2001!), mentre il disastroso Obama, tra una Primavera araba e l’altra, la declassificava a “potenza regionale”.
La pace mondiale, in ogni caso, resse, nonostante le terribili tensioni di quegli anni – nel corso dei quali i predatori pacifisti con le bombe a mano in tasca cantavano gli inni della globalizzazione e dei diritti umani, anziché della Persona (una della invenzioni più catastrofiche – con l’inesistente diritto europeo, alias diritto delle Corti senza legittimità – che si sia potuto inventare per distruggere le nazioni e inverare il dominio mondiale del mercato).
La pace mondiale resse perché si accompagnò a una miriade di conflitti locali su scala mondiale che ancora oggi pervadono tutto il pianeta, e che ancora oggi vengono “ignorati” dalle grandi potenze per meglio consentire alle medie potenze – volta a volta ancillari e vassallatiche – di continuare a combattere… e alla Cina di manifestarsi come potenza alternativa alle nazioni dei Brics e di ogni altra alleanza a geometria variabile.
Dalla Libia alla Malesia abbiamo le prove di ciò, senza contare i conflitti africani e il ribollire indo-cinese che si fatica a tenere a freno, mentre il Giappone si riarma nuclearmente a “geometria ordinata” con le potenze antipodali australi, medie potenze che sono sempre più importanti.
Questo processo fu diretto con sagacia e grande determinazione dagli Usa con i suoi multilateralisti a parole e, invece, pronti alle guerre mediorientali energetiche nei fatti e volle dire sacrificare la Russia all’isolamento e via via – con l’Ue e la Nato – all’accerchiamento (che come Sergey Radchenko ci ha dimostrato splendidamente con la sua ricerca storiografica fondamentale, non poteva che essere vissuto da Mosca che come minaccioso, dopo le prove generali già compiute con Eltsin e la sua banda di corrotti amici dei predatori).
La Russia non si era fatta espropriare delle sue intere risorse naturali e tecnico scientifiche come volevano fare i liberisti selvaggi alla Jeffrey Sachs e dai navigatori del Britannia, che trovarono poi un comodo approdo nelle italiche acque mediterranee.
Ma la Russia neoimperiale e sempre più imperialistica di Putin rispose all’accerchiamento con l’invasione dell’Ucraina e la guerra da minacciata divenne reale e l’ordine mondiale si trasformò nella guerra tra imperialismi nel cuore stesso dell’Europa.
Ebbene, in questo contesto già terribile, il Regno Unito, da una parte, e la Germania, dall’altra, muovono alla guerra.
Il neo-Governo di coalizione tedesco muove alla guerra con un nuovo Primo ministro avversario storico della Merkel e di tutto ciò che essa ha rappresentato nella storia mondiale. Così facendo la Germania si è sollevata con una rapidità improvvisa e temeraria all’altezza dei ghiacci supremi dell’ordine mondiale per impetrare il riarmo tedesco, in una nuova sintonia con il riarmo francese, che un impazzito Macron auspica da quando il potere gli si sgretola, sia nella testa, sia sotto i piedi.
Una straordinaria novità storica: Francia e Germania unite nella guerra…alla Russia, ossia a gran parte del globo terracqueo, se si pone mente ai signori della guerra che sfilavano a Mosca nella grande parta del 9 maggio scorso, che celebrava la vittoria russa sulla Germania nazista e il Giappone imperiale.
La storia si capovolge: ora l’alleanza franco-tedesca si dovrà forgiare sui campi di battaglia. Ecco ciò che il capitalismo – che da centralizzazione pacifica si trasforma in contrasto armato inter-imperialistico – può trasformare della vita delle nazioni.
Ora l’imperialismo grande russo, che era mosso all’attacco delle “sue” ex nazioni, che considerava minaccianti, diviene non più solo terreno di conquista pacifica, ma terreno di conquista armata: le sanzioni son servite a poco ed ecco allora muoversi i generali riluttanti – ben più riluttanti dei politici, come sempre – che dovrebbero inverare un nuovo disegno di guerra che non potrà che essere permanente e condurre – se si s’inizia – a una nuova forma di guerra nucleare a bassa intensità.
Non mi si venga a dire che questo è inevitabile. Il capitalismo è, in ultima analisi, sempre stato guidato prima delle prove estreme – com’è quella della guerra e soprattutto di una guerra nucleare – dalla politica. È lo spirito che dirige la Storia e non gli interessi materiali. Bisogna crederlo e comportarsi di conseguenza, se veramente si vuole la pace.
Ma nessuno pensa più e forse il reservoir di spiritualità, ossia di spirito pensante e teleologico, è finito in qualche sottoscala del teatro in cui ogni giorno si recita “Aspettando Godot” (vi ricordate?… non è una serie pubblicitaria televisiva..).
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