È noto a pochissimi che nelle opere complete di Marx ed Engels pubblicate in Unione Sovietica (la famosa Socinienja in 28 volumi e 33 tomi) non apparve mai nessuno degli scritti dei due grandi fondatori del socialismo scientifico riferite in certo qual modo alla questione russa e in particolare modo alla questione russo-ucraina.
Tra questi spiccano le critiche appassionate di Marx alla strategia politica e diplomatica del Regno Unito di segreta alleanza con la Russia imperiale sin dai tempi di Pietro il Grande, nonostante la più recente (in quei tempi) opposizione all’espansione russa a spese dell’impero turco che poteva mettere in discussione il dominio inglese nell’Heartland giungendo a minacciare gli interessi di Londra in India.
Insomma, la Russia zarista anticipa lo sciovinismo grande russo bolscevico (contro di cui ben poco poté fare lo stesso Lenin) e stalinista con le purghe, le deportazioni, le proibizioni contro la lingua e i costumi ucraini.
La Russia di oggi, quindi, continua una lunga e secolare guerra imperiale anti-ucraina (e anti-polacca e anti-baltica). Guerra che, con la creazione dei via via succedutisi capitalismi russi post-leninista, staliniano, gorbaviobisno-eltsiniano e infine putiniano-nazionalistico imperialista, è sfociata nell’aggressione inter-imperialistica-putiniana e non fa che rinnovare spirito di potenza e reazione nazionale.
Come la Russia degli zar fu la potenza sublimata della reazione assolutistica negli anni del Risorgimento europeo, dall’Italia alla Polonia sino all’Ucraina, oggi la Russia putiniana è la punta di lancia della reazione antidemocratica europea asiatica. Questo è un dato di fatto. Dobbiamo prenderne consapevolezza e questo nonostante che la Russia nasca a Kiev dal via via ampliatosi dominio “variago” sorto nel IX secolo nella regione di Novgorod. E questo nonostante che Bulgakov nel suo “Il maestro e margherita” definisca Kiev “la città russa più bella di tutte”.
La storia russa dopo il dominio mongolo risorse come storia imperiale, ossia protesa al dominio territoriale che proteggesse le classi dominanti consentendone la continua espansione nonostante l’esiguità della base demografica che caratterizzava e caratterizza l’Impero.
La fine della dittatura del capitalismo sovietico e l’inveramento del capitalismo dispiegato autocratico putiniano non hanno cambiato per nulla il corso storico. Si tentò di farlo per un breve lasso di tempo (i primi dieci anni del XXI secolo), quando il capitalismo russo cercò di stringere i legami economico culturali più idonei, ossia l’adesione alle due organizzazioni del capitalismo anglosferico dominante: l’Ue e la Nato.
Ma gli Usa e il Regno Unito decisero altrimenti e si voltarono (come già s’annunciava con l’entrata della Cina nella Wto nel 2001) verso la Cina, convinti che così se ne favorisse la trasformazione democratica e nel contempo si potesse infliggere alla Germania quel colpo mortale che l’anglosfera ricerca dalla fine della Prima guerra mondiale e da Versailles e che non ha mai smesso di auspicare come le sanzioni recenti sia Usa, sia Ue dimostrano implacabilmente.
Vero: la Russia imperiale putiniano-oligarchica ha invaso e aggredito l’Ucraina secondo le radici secolare di un conflitto esistenziale. Certamente. E con decine di migliaia di vittime civili ucraine e un’immane distruzione di risorse e una strutturale trasformazione del capitalismo da globale liberal multilaterale in conflittual armato.
Una trasformazione che era nelle radici storiche del capitalismo russo e in quelle mutevoli e conflittuali del capitalismo Usa e inglese a cui sempre si accodano i capitalismi europei con le varianti oscillanti franco tedesche, come dimostrò la guerra irachena del 2003.
Insomma, a parer mio il conflitto è destinato a essere endemico e storicamente sempre risorgente. Ma questo significa continuare con le vittimi tra i civili e l’ampliamento delle forze che vedono nel solo capitalismo di guerra la via d’uscita dalle crisi ricorrenti e dalle politiche non coordinate ma conflittuali tra Ue e Usa.
La pace non è possibile senza che uno dei due contendenti non si convinca che le perdite territoriali possono essere compensate da una politica di aiuto nelle ricostruzioni post-belliche e in tal modo si instauri una politica di realismo e di congelamento delle forze in campo con un cessate il fuoco.
Se questo non avvenisse la guerra non potrebbe che ampliarsi senza tregua alcuna.
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