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Home » Economia e Finanza » Economia UE » SCENARIO UE/ “Il riarmo della von der Leyen? Troppo rischi, aumenta il nostro Pil solo dello 0,2%”

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SCENARIO UE/ “Il riarmo della von der Leyen? Troppo rischi, aumenta il nostro Pil solo dello 0,2%”

Il piano di riarmo europeo non risponde alle esigenze dell'Ue e anzi rischia di accelerarne la disgregazione

Int. Gustavo Piga
Pubblicato 14 Marzo 2025
Von der Leyen, Ue

Ursula Von der Leyen, Presidente Commissione Ue (ANSA-EPA 2025)

La Commissione europea e la Presidenza polacca di turno dell’Ue hanno escluso una revisione delle regole del Patto di stabilità, che dunque non verrebbero modificate per cercare di accelerare il piano di riarmo europeo presentato la scorsa settimana da Ursula von der Leyen e che mercoledì ha ottenuto anche il via libera dell’Europarlamento. Abbiamo chiesto un commento a Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata.


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Professore, nonostante la “bordata” di Macron, che aveva commentato in una precedente intervista, sembra che nemmeno la corsa europea ad aumentare la spesa per la difesa riesca a scalfire l’impianto del Patto di stabilità e crescita…

È così. Ma penso sia anzitutto importante capire come mai c’è stata questa accelerazione che ha portato la Commissione a parlare di riarmo dell’Europa, anche perché mi pare emerga l’assenza di una strategia di medio-lungo periodo da parte dell’Ue, che è come una barca a vela in balia dei venti, con un equipaggio di 27 mozzi che si intralciano a vicenda e nessun capitano. Una barca che in questo momento è fortemente influenzata da quello che succede negli Stati Uniti.


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Cosa sta succedendo esattamente sull’altra sponda dell’Atlantico?

Per restare nella metafora nautica, c’è un timoniere assai spericolato, ma che mostra di avere una rotta molto chiara. Trump ha vinto le elezioni perché vuol liberare il bilancio pubblico americano da eccessi di spesa per poter diminuire le tasse e privilegiare altri capitoli di spesa a beneficio dei cittadini che lo hanno votato. Per raggiungere questo obiettivo ha quindi, da un lato, messo in campo una spending review e, dall’altro, stabilito in maniera credibile che buona parte della spesa per la difesa occidentale dovrà essere a carico dei Paesi europei.


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In effetti, l’Europa sembra stia assecondando questa decisione americana.

Sì. Occorre, tuttavia, capire se siamo di fronte a un adeguamento obbligato passivo oppure a una scelta che riflette le esigenze europee. Se guardiamo a quelle di breve, medio e lungo periodo non vedo come il RearmEurope possa esservi funzionale. Credo, quindi, che questa reazione europea metta ancora più a rischio la nostra costruzione già così fragile: von der Leyen ci sta portando verso il disastro.

Ci spieghi perché il piano della Presidente della Commissione non è funzionale alle esigenze europee.

Per prima cosa, guardiamo al breve periodo: abbiamo un problema evidente di scetticismo nei confronti dell’Ue, un anti-europeismo che comprende destre xenofobe e populiste. Gli strumenti che sono stati finora utilizzati per contrastare questo scetticismo stanno addirittura riuscendo a rafforzarlo, come si sta vedendo nel caso della Romania, dove si è scelto di bloccare i meccanismi democratici con scuse più o meno credibili.

Come si dovrebbe contrastare allora questo anti-europeismo?

Andando incontro alle esigenze dell’elettorato più scontento, che molto spesso coincide con quello più bisognoso, meno protetto, il quintile più in difficoltà della popolazione. Per far questo non c’è bisogno di qualche fabbrica di armi in più, ma di crescita dell’economia e maggior spesa sociale. È evidente, però, che questo programma europeo di riarmo dovrà vedere sacrificata proprio la spesa sociale. E questo non farà altro che rafforzare i sentimenti anti-europei. Al di là di questo, credo sia comunque utile un appunto sul RearmEurope.

Prego.

Si parla di 800 miliardi in quattro anni, di cui 150 potrebbero arrivare da emissioni comuni e 650 dalla maggior spesa dei singoli Stati, più nello specifico per far sì che ciascuno spenda l’1,5% del Pil in più per la difesa nell’arco di quattro anni. Caliamo tutto questo sul caso specifico italiano.

Cosa comporterebbe per il nostro Paese questa possibilità di maggior spesa nella difesa?

Uno spazio fiscale in media dello 0,4% del Pil (8 miliardi di euro) ogni anno per quattro anni, che non sarebbe in grado di cambiare la direzione austera della nostra politica fiscale, vista la volontà di portare il deficit/Pil dal 7,2% del 2023 a meno del 3% l’anno prossimo. Se poi teniamo conto del fatto che il moltiplicatore della spesa militare è piuttosto ridotto, dal momento che spesso si ricorre a importazioni di prodotti esteri, il Pil potrebbe forse crescere dell’1% anziché dello 0,8%. Stiamo quindi parlando, per tornare all’appunto sul RearmEurope, di numeri ridicoli che non hanno impatto sulle persone e non risolvono il problema europeo di breve periodo. Ma ce n’è anche un altro di medio termine.

Quale?

La necessità di rafforzare l’autonomia di difesa europea: se acquistiamo da fornitori strategici esterni che manterranno il controllo ultimo sugli armamenti, non saremo mai totalmente autonomi.

Potremmo allora far riferimento ai produttori europei, per esempio la Francia che ha anche armi nucleari…

Non a caso Macron offre lo scudo nucleare francese e propone grandi aggregazioni di spesa: sa bene, infatti, che la maggior parte dei contratti andrebbe a beneficio delle industrie del suo Paese. Non è quindi una proposta dallo spirito europeista visto che cela la volontà di tenere alto il controllo francese sull’Europa.

Come si raggiunge allora l’autonomia di difesa europea?

Con progetti comuni, razionalizzando le spese, visto che se ogni Paese spende per conto suo non c’è razionalizzazione e aumenta il rischio di sprechi, e mantenendo un rapporto amichevole con gli Stati Uniti. Ci vuole un’ottica industriale completamente diversa per creare una vera autonomia nel rispetto delle nostre alleanze. Non bisogna pensare, come fa invece la von der Leyen, di abbandonare gli Stati Uniti per avvicinarsi alla Cina.

Ha parlato delle esigenze europee di breve e medio termine. Per quanto riguarda quelle di lungo periodo?

Forse è la questione più importante, perché è relativa all’identità europea, che non si può inventare in pochi anni, visto anche quanto c’è voluto per crearne una americana. E bisogna ammettere che non è possibile creare unità intorno al concetto di riarmo. Bisognerebbe, invece, puntare sul concetto di solidarietà per generare fratellanza e identità. E questo non lo si può fare se nel breve periodo si mantiene l’impianto del Patto di stabilità che poche settimane fa Macron ha definito “obsoleto. Questo legame tra breve e lungo periodo ci dice quanto il progetto europeo sia a rischio nelle urne, sempre che il “modello Romania” non si espanda.

Cosa pensa della posizione italiana sul RearmEurope?

L’Italia sta esercitando cautela rispetto a questa iniziativa che avviene in reazione a Trump e non come frutto dell’elaborazione europea in osservanza delle proprie esigenze. Trovo quasi positiva la posizione del nostro Paese, perché rallenta il suicidio europeo, dando del tempo per trovare altre soluzioni. Per esempio, visto che si sta comprendendo che nei momenti di difficoltà si può creare spazio fiscale e che il contenimento del debito non è una priorità, si deve arrivare a capire che questo deve valere non solo per la difesa, ma anche per la spesa sociale.

Anche la Germania sembra aver capito che si possono infrangere certi tabù sul debito, visto che intende varare un fondo da 500 miliardi per investimenti nella difesa e nelle infrastrutture, una volta riformato il “freno al debito”…

Aspettiamo di vedere se ci sarà effettivamente la riforma del freno al debito. Penso che alla fine i Verdi cederanno e voteranno a favore. Credo che da questa mossa tedesca bisognerebbe trarre la conseguenza che tutti i Paesi europei dovrebbero poter mettere in atto politiche fiscali autonome. Ovviamente nel caso italiano, come ho più volte ripetuto, le politiche fiscali espansive andrebbero accompagnate da una seria spending review per spendere bene ed evitare sprechi. Credo vada in ogni caso detta una cosa chiara sulla volontà tedesca di investire così tanti miliardi nella difesa.

Quale?

Non dobbiamo mai dimenticare che il progetto europeo di cui facciamo parte è stato creato anche per non ripetere gli errori del passato. Quindi, nel momento in cui unilateralmente i tedeschi decidono di aumentare in maniera così importante la spesa militare penso occorra essere ancora più vigili per evitare che tornino quegli errori del passato.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: Ursula Von Der LeyenDonald TrumpEmmanuel Macron

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