Da Bruxelles è arrivato ieri il via libera alla lista di contro-dazi sui prodotti americani in tre fasi: la prima scatterà il 15 aprile nei riguardi di acciaio, alluminio, jeans, auto e delle iconiche Harley Davidson; la seconda colpirà dal 16 maggio alcuni prodotti alimentari come carne di manzo e pollame, oltre a vestiti e scarpe sportive; infine, il 1° dicembre dovrebbero scattare tariffe su mandorle e soia provenienti dagli Usa.
Nel frattempo proseguiranno i colloqui per evitare un’escalation come quella che si sta verificando tra Washington e Pechino. E il 17 aprile Giorgia Meloni incontrerà Donald Trump.
Secondo Mario Baldassarri, la Premier italiana potrebbe avere un’occasione importante per favorire un esito positivo dei negoziati tra le due sponde dell’Atlantico. Prima di parlarcene, l’ex viceministro dell’Economia e Presidente del Centro studi EconomiaReale di Roma e dell’Istao di Ancona, vuol partire da una premessa.
Prego.
La premessa è questa: 70 anni di teoria economica e di andamento dell’economia mondiale dimostrano che i dazi sono un gioco a somma negativa, cioè colpiscono non solo chi li riceve, ma anche chi li impone. E il risultato di una guerra dei dazi è meno crescita e più inflazione per tutti. Un altro dato storico importante da ricordare è che negli ultimi 25 anni, dopo l’ingresso della Cina e dell’India nel commercio mondiale, ben 3 miliardi di persone sono uscite dalla soglia di povertà.
Fatta questa premessa, a suo avviso come dovrebbe rispondere l’Ue di fronte ai dazi varati da Trump?
Certamente non tramite i contro-dazi. Li può mettere sul tavolo in fase di trattativa, come sta avvenendo in questi giorni, ma una loro effettiva implementazione non può che spingere verso una guerra dei dazi, con le conseguenze che ho poc’anzi ricordato. L’Ue, a mio parere, deve rispondere ai dazi di Trump in modo costruttivo e agendo in contropiede.
In che modo?
Proponendo un accordo tra Stati Uniti e Ue per andare verso un azzeramento dei dazi, creando cioè un’area di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico. A mio parere il contenuto della trattativa tra Ue e Usa dovrebbe diventare questo.
Dal 2013, con la Transatlantic trade and investment partnership, si era cominciato a parlare di un accordo per un’area di libero scambio tra Stati Uniti e Ue, ma i negoziati, anche durante il primo mandato di Trump, non hanno portato poi a nulla. Oggi l’esito potrebbe essere diverso?
Il mondo è molto cambiato negli ultimi anni e Trump sta toccando con mano i primi effetti negativi dei dazi che si ripercuoteranno a cascata sui suoi sodali delle grandi multinazionali, sulle imprese e sui consumatori americani. Tra l’altro non va dimenticato che negli Stati Uniti sono molto diffusi i fondi pensione. Quindi, i cittadini americani, compresi gli elettori di Trump, rischiano di essere penalizzati due volte: tramite un aumento dell’inflazione, che riduce il loro poter d’acquisto, e con una perdita dei risparmi previdenziali investiti in Borsa.
L’economia americana, quindi, rischia di subire conseguenze importanti dall’introduzione dei dazi?
La frenata dei consumi americani rischia di essere più forte di quella dei consumi europei. Penso che Trump, che, non dimentichiamolo, è un imprenditore, stia cominciando a vedere questi segnali negativi e a riflettere su di essi, anche in vista delle elezioni di medio termine che si terranno l’anno prossimo.
Ci vorrebbe un cambio di linea da entrambe le parti per arrivare un accordo come quello che propone…
Intanto lo attui l’Europa, in linea anche con quanto sostenuto dalla Premier Meloni, che ha ricordato la necessità di non deteriorare i rapporti con lo storico alleato americano. A mio parere, una proposta di questo tipo sarebbe spiazzante per Trump. E non va inoltre dimenticato che è stato Elon Musk nei giorni scorsi ad auspicare la creazione di un’area “a zero dazi” tra Usa e Ue. Tra l’altro, in questo modo l’Ue potrebbe anche assumere una certa leadership mondiale rispetto agli altri Paesi indicando la strada giusta da percorrere: quella della liberalizzazione dei commerci che è un gioco a somma positiva, perché porta vantaggi a tutti.
Anche se qualche problema la liberalizzazione dei commerci l’ha comportato negli ultimi anni…
Quanto ho detto non significa che nel commercio mondiale non servano delle regole serie. Questo, però, dovrebbe essere il compito da affidare a una rinnovata Organizzazione mondiale del commercio, che negli ultimi anni è stata sostanzialmente “messa in soffitta”.
Quanto tempo c’è per arrivare a un accordo tra Ue e Usa, considerando che i primi contro-dazi di Bruxelles scatteranno il 15 aprile?
Siamo ancora nella fase delle schermaglie, c’è tutto il tempo che serve, considerando che ci sono contro-dazi che scatterebbero a maggio e addirittura a dicembre. L’importante è vedere la strada che si intraprenderà nelle prossime settimane: dobbiamo capire se si sta andando verso una guerra dei dazi o verso una riduzione congiunta e concordata delle tariffe, che può in prospettiva portare al loro azzeramento e alla creazione dell’area di libero scambio Usa-Ue.
Questo può essere il tema dell’incontro Meloni-Trump del 17 aprile?
Io spero che con un qualche mandato implicito e informale dell’Ue questo possa essere l’oggetto dell’incontro tra la Premier italiana e il Presidente americano, in modo che si cominci ad andare verso una riduzione dei dazi. Chi dice che la Meloni va a Washington per trattare qualche “sconticino” per l’Italia non ha forse capito bene cosa c’è in gioco.
Finora abbiamo parlato di Stati Uniti e Ue, ma in queste ore sembra esserci un confronto piuttosto acceso tra Usa e Cina…
Washington e Pechino devono vedersela tra loro. Nel frattempo l’Ue farebbe bene a evitare la miope follia di stringere rapporti più profondi e preferenziali con la Cina. Chi propone di sostituire gli Stati Uniti con il gigante asiatico non sa di cosa sta parlando, non solo dal punto di vista geopolitico e strategico, ma anche economico: i prodotti che oggi l’Europa esporta negli Usa, pensiamo solo all’agroalimentare italiano, non troverebbero uno sbocco semplice e immediato nel mercato cinese.
(Lorenzo Torrisi)
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