Scienza, religione, fantascienza, thriller mirabilmente integrati nel romanzo “Ucciderò Dio venerdì”: una storia surreale “Ucciderò Dio venerdì”1 di Paolo Musso, è un singolare romanzo che mescola in un modo assolutamente inedito e originale la scienza con la religione, la fantascienza col romanzo poliziesco, un’ambientazione (al Cern di Ginevra) dal realismo maniacale con una storia surreale eppure, al tempo stesso, profondamente umana.
Ma soprattutto riflette sulle più abissali domande del pensiero scientifico e teologico passando con la massima naturalezza da momenti di dramma assoluto ad altri comici e a tratti addirittura esilaranti.
Proprio come è la vita. Il professor Musso ha potuto contare sulla collaborazione di Lucio Rossi, ideatore e responsabile del programma HiLumi per il potenziamento di LHC (Large Hadron Collider), il gigantesco acceleratore di particelle del Cern, che gli ha anche scritto una prefazione entusiastica. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Professore, il suo libro è davvero difficile da classificare in un “genere” precostituito. Lei come lo definirebbe?
Beh, “ufficialmente” viene presentato come un libro di fantascienza, ma io preferisco definirlo un “giallo” di Padre Brown in salsa tecnologica. E non solo perché l’investigatore è anche qui un prete, anche se fisicamente diversissimo da lui, che era piccolo, mingherlino e bruttarello, mentre Padre Joseph Pintormagno, l’astronomo gesuita di chiare origini italiane che ne fa le veci, è un vero colosso, tanto che ha dovuto addirittura farsi fare un clergyman su misura.
Intendiamoci, la scienza e la fantascienza c’entrano e sono essenziali per lo svolgimento del racconto, ma questa è anche e soprattutto una storia di persone, che cercano di stare, ciascuna a modo proprio, di fronte al mistero della vita e del cosmo, mentre la loro posizione umana si evolve di fronte a un avvenimento apparentemente così assurdo da sembrare addirittura grottesco.
Un approccio tipico di Chesterton…
Sì. Ma tutte le idee di base sono molto chestertoniane, così come anche il tono generale della storia.
Ce la può riassumere brevemente?
Certamente. Anche se, trattandosi di un giallo, non potrò rivelare le cose più interessanti, che si capiscono solo alla fine (tra l’altro, ho messo anche una “sfida al lettore”, come faceva Ellery Queen, indicando la pagina esatta a partire dalla quale si hanno in mano tutte le informazioni per capire cosa è successo davvero). In breve, è la storia di un grande cosmologo inglese, Stephen Perkins, chiaramente ispirato a Stephen Hawking, di cui nel libro immagino sia l’erede a Cambridge.
Proprio come Hawking, Perkins ha un rapporto molto tormentato con la religione. All’inizio ateo, grazie all’amicizia con Joseph si convince che Dio potrebbe anche esistere, ma in tal caso non sta facendo bene il suo lavoro. Da qui matura l’idea, apparentemente folle, di sfidarlo a duello (come ogni buon studente britannico Stephen al college aveva fatto sport agonistico, nella fattispecie tiro alla pistola), con l’accordo che, se vincerà lui, Dio si auto-annienterà e gli cederà il suo posto.
Scusi, perché ha detto “apparentemente” folle? A me sembra folle e basta.
In effetti, a prima vista lo sembra, ma in realtà è quello che pensiamo tutti, perfino i santi, almeno in qualche momento. Tutti noi, in fondo, anche se non lo ammetteremmo mai, pensiamo che Dio non stia facendo bene il suo lavoro e che, se fossimo al suo posto, noi sì che sapremmo cosa fare! Lo pensiamo implicitamente ogni volta che recriminiamo su come vanno le cose e lo “uccidiamo” dentro di noi ogni volta che decidiamo di seguire il nostro criterio anziché il suo.
È vero che in genere non arriviamo a pensare di ucciderlo in senso letterale, ma è solo perché non sappiamo come fare. Tant’ è vero che, appena ne abbiamo avuto l’occasione, con Gesù Cristo, lo abbiamo ucciso anche fisicamente.
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Paolo Musso (Ordinario di Filosofia Teoretica, Università dell’Insubria)