Il progetto I-SWARM (acronimo per “Intelligent-Small World Autonomous Robots for Micromanipulation”), coordinato dall’Università di Karlsrhue e portato avanti da un consorzio di 10 partners europei, tra cui la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, rappresenta il primo tentativo di costruire un robot autonomo di dimensioni millimetriche e di replicarlo in centinaia o migliaia di esemplari, per realizzare uno “sciame” di microrobot. L’obiettivo del progetto non è quindi solo quello di fare un significativo balzo in avanti nelle tecnologie di miniaturizzazione dei microrobot, perseguendo il sogno di sviluppare un robot delle dimensioni di una formica, ma anche, e soprattutto, quello di sviluppare un vero e proprio sciame di robot miniaturizzati capaci di interagire tra loro e con l’ambiente, sulla base di poche e semplici regole, dando luogo a fenomeni emergenti di auto-organizzazione, proprio come succede negli sciami in natura, per esempio nelle colonie di formiche, tra le api o altri insetti.
La “Swarm Robotics” (swarm significa appunto “sciame” in inglese) mira infatti alla programmazione di un grande gruppo di robot (di per sé relativamente semplici come capacità computazionali) al fine di far emergere comportamenti collettivi del sistema utili ad uno scopo desiderato, dimostrando quindi quella che viene definita “Intelligenza di Sciame” (“Swarm Intelligence”). Le strategie adottate sono spesso bio-inspirate, inspirate cioè a quelle osservate negli sciami di insetti in natura. I vantaggi principali di uno sciame di robot sono la capacità di auto-organizzazione, il controllo decentralizzato, la flessibilità, l’adattamento, la robustezza del sistema, tutte caratteristiche sulle quali si basa l’efficienza dimostrata dagli sciami in natura.
I recenti progressi della miniaturizzazione e delle microtecnologie hanno poi fornito la concreta possibilità di realizzare unità robotiche miniaturizzate, avvantaggiandosi quindi, eventualmente, di tecniche e mezzi di produzione ed assemblaggio di massa (come succede nell’industria microelettronica). E’ proprio nel contesto della miniaturizzazione, e quindi della cosiddetta “Microrobotica”, che la robotica di sciame presenta gli aspetti più significativi. I microrobot, infatti, hanno bisogno di operare in grandi gruppi al fine di poter avere un qualche effetto su larga scala o di poter compiere un preciso compito (a titolo esemplificativo, si pensi a cosa può fare una sola formica e cosa invece è capace di fare un’intera colonia di questi insetti). Di conseguenza la possibilità di una produzione di massa automatizzata di microrobot assume un’importanza fondamentale.
Le potenziali, ma purtroppo ancora futuristiche, applicazioni dei microrobot, e degli sciami di microrobot in particolare, vanno dalla sicurezza e sorveglianza di ambienti, al monitoraggio di luoghi inaccessibili (per esempio ispezione di tubature e meccanismi vari) o pericolosi per l’uomo, l’esplorazione spaziale, l’assemblaggio autonomo di micro-dispositivi, la biomedica. A medio termine c’è chi ha pensato di utilizzarli più semplicemente per la pulizia di superfici.
Ad oggi, nel progetto I-SWARM, sono state sviluppate alcune decine di primi prototipi, di dimensioni circa 3 x 3 x 3 mm3, attualmente in fase di test. I microrobot sono composti da alcuni moduli funzionali miniaturizzati assemblati uno sopra l’altro e collegati per mezzo di un circuito flessibile. Ricavano energia dalla luce tramite piccole celle solari miniaturizzate costruite appositamente allo scopo (probabilmente le più piccole mai costruite al mondo) e capaci di fornire due livelli di tensione. Il consumo di potenza è il fattore che probabilmente più fra tutti ha limitato le possibilità di miniaturizzazione ed in quanto tale è estremamente critico nella progettazione di un microrobot, spingendo inevitabilmente a compromessi (basti pensare che tutto il microrobot deve funzionare con meno di 2 mW). Il movimento è affidato a delle sottili “zampe” di materiale piezoelettrico, che vengono poste in vibrazione e comandate dal microprocessore integrato a bordo che determina la direzione di moto. Per la comunicazione dispongono di un piccolo sistema ad infrarossi che permette di definire una trasmissione direzionale di informazioni tra le varie unità dello sciame. Infine sono anche equipaggiati con una piccola antenna che dovrebbe funzionare come sensore di contatto.
Per quanto i prototipi fino ad oggi realizzati siano ancora lontani dal poter essere operativi per una qualsiasi delle applicazioni menzionate e necessitino ancora di diverse migliorie tecniche, è importante sottolineare ciò che potrebbe essere ad oggi uno dei risultati più rilevanti del progetto e cioè lo sviluppo di tecniche e metodi per la produzione e l’assemblaggio di massa di “chip-robots”.
Il Progetto I-SWARM è stato finanziato dalla Comunità Europea nel Programma IST-FET “beyond robotics” del 6° European Framework Program.