HAWKING/ Quei “buchi neri” della logica che escludono Dio dalla creazione

- Piero Benvenuti

Il nuovo libro dello scienziato inglese Stephen Hawking - che esce alla "vigilia" della visita del Papa in Gran Bretagna - nega l'esistenza di un Dio creatore dell'universo. Risponde l'astrofisico PIERO BENVENUTI

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La nuova esternazione di Stephen Hawking, “Non è necessario invocare l’intervento di Dio per accendere l’interruttore e far partire l’Universo”, cui è stata data grande rilevanza dalla stampa inglese ed è poi rimbalzata su quasi tutti i quotidiani nazionali, non desta in realtà molta meraviglia. Era già implicita nel suo libro precedente “Una breve storia del tempo” quando scriveva: “Se riuscissimo a scoprire una teoria completa sarebbe il massimo trionfo della ragione umana, perché riusciremmo a capire la mente di Dio”.

Evidentemente nel suo nuovo libro “The Grand Design” Hawking ci esporrà la sua Teoria del Tutto che elimina, a suo parere, ogni necessità di un “dio”: nulla di nuovo quindi nel pensiero del fisico inglese. Meraviglia piuttosto come pochissimi abbiano riconosciuto la sua uscita per quello che realmente è, ovvero una astuta, sulfurea e grandiosa azione di marketing, che sicuramente posizionerà il suo libro tra i best seller del momento.

Tra pochi giorni Papa Benedetto XVI sarà in visita in Inghilterra: quale occasione migliore per far affermare al più famoso cosmologo nazionale (tra l’altro, membro dell’Accademia Pontificia) il trionfo della pura ragione che spazza via definitivamente la necessità di pensare a un Creatore?

 

Gongoleranno i media anglosassoni, di questi tempi particolarmente virulenti contro il Papa, gongolerà l’Inghilterra tradizionalmente antipapista e gongoleranno gli autori e l’editore che si sono così assicurati, a poco prezzo, un enorme successo economico. In realtà l’affermazione di Hawking contiene due salti logici che si possono comprendere solo immaginando la sua mente acuta temporaneamente offuscata dal miraggio del guadagno.

Il primo salto logico, incomprensibile in un cosmologo moderno, è quello di credere nell’esistenza di una teoria scientifica del Tutto, cioè di una teoria astratta che spieghi ogni dettaglio fenomenologico dell’Universo e della sua evoluzione. Abbiamo appreso, appena una decina d’anni fa, che le maggiori componenti dell’Universo, la materia oscura e l’energia oscura, il 95% di tutto ciò che esiste, ci erano fino ad allora sconosciute e conseguentemente abbiamo dovuto modificare drasticamente il modello teorico dell’evoluzione del Cosmo.

Chi ci può assicurare che nuovi telescopi ed esperimenti futuri, per esempio le osservazioni del Telescopio Planck lanciato in orbita l’anno scoro, non ci rivelino altre componenti o dettagli importanti dell’evoluzione finora ignoti? Come ha ben messo in evidenza Karl Popper, la fisica teorica è intrinsecamente passibile di essere “falsificata” ed è proprio attraverso successive crisi o falsificazioni che la conoscenza teorica può avanzare.

 

Pensare di arrivare al capolinea della scienza con la Teoria del Tutto dimostra una incredibile ingenuità epistemologica. Il secondo salto logico, che dimostra invece più semplicemente una notevole ignoranza della ricerca teologica, è quella di pensare al Creatore come un semplice demiurgo che accende un interruttore.

Non è certo questo il concetto che i cristiani hanno di Dio Padre e, immaginando durante la visita papale un ipotetico incontro tra Hawking e Benedetto XVI, quest’ultimo potrebbe fargli dono della sua Enciclica “Deus Caritas est”: non credo che il “Grand Design” di Hawking preveda una equazione matematica che dimostri l’esistenza dell’Amore incondizionato e forse si renderebbe conto allora che il “dio” che lui crede di aver eliminato non esiste per davvero, perché non è né il Logos incarnato né nessun’altra persona della Santissima Trinità.





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