Ötzi cambia aspetto: o meglio, ritrova il suo volto più autentico. Di questo sono convinti gli scienziati che operano presso il Museo Archeologico dell’Alto Adige e ancor più lo sono gli artisti olandesi Adrie e Alfons Kennis che hanno lavorato nei mesi scorsi per permetterci di “guardare negli occhi” l’uomo trovato mummificato nel 1991 a 3210 metri di quota sui ghiacciai delle Alpi dell’Ötztal, vicino alla dalla cima del Similaun.
Da oggi la nuova ricostruzione sarà l’attrazione principale della grande mostra temporanea “Ötzi20 – Life. Science. Fiction. Reality”, aperta al pubblico fino al 15 gennaio 2012, allestita nel Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano in occasione del ventesimo anniversario dal ritrovamento della mummia. Anche l’edizione di marzo del National Geographic Germania presenta la nuova fedele ricostruzione di Ötzi. La fotografa Heike Engel (21Lux) ha documentato per sei mesi il lavoro dei gemelli Kennis, immortalando in esclusiva l’intero processo di ricostruzione.
I due artisti hanno ricostruito l’uomo venuto dal ghiaccio (un reperto di ben 5.300 anni fa) con l’ausilio di modelli 3D del cranio e di immagini a infrarossi e tomografiche, oltre che dei più recenti risultati scientifici che hanno fornito nuovi particolari dell’uomo da vivo (ad esempio il colore dei suoi occhi).
Il loro lavoro è partito da una replica tridimensionale del cranio di Ötzi ottenuta basandosi sui dati delle ultime tomografie computerizzate. Questa tecnica di modellazione in 3D è denominata stereolitografia: la sua prima applicazione in campo medico risale al 1992, quando fu sperimentata proprio su Ötzi, mentre oggi è impiegata ormai comunemente per la preparazione di interventi chirurgici complessi. Partendo dai dati tomografici, la stereolitografia utilizza un raggio laser per solidificare una resina sintetica liquida (ad esempio resina epossidica) e creare in tal modo degli strati sottili che progressivamente formano l’oggetto tridimensionale.
Una volta approntato il modello stereolitografico, i due Kennis hanno realizzato una paziente ricostruzione che ci ha restituito in modo più preciso e realistico i tratti fondamentali della fisionomia dell’Iceman, dandogli maggiore “personalità” anche attraverso la postura e la mimica.
Il recente lavoro dei due artisti, noti proprio in virtù delle loro ricostruzioni paleontologiche, mostra un uomo dell’età della pietra proveniente dall’area alpina e sorprendentemente reale, dal colore della pelle ai più piccoli corrugamenti della fronte: media statura, esile ma nerboruto, con un viso scarno e spigoloso, barba lunga e pelle bruciata dal sole. Ötzi quindi sembra molto più vecchio rispetto a un quarantenne attuale e il suo fisico era sicuramente segnato dalla difficile vita all’aperto e dal clima ostile.
Su questo nostro antenato restano ancora molte cose da scoprire e molto ci si aspetta dagli studi di bioinformatica, a partire dall’identificazione del suo patrimonio genetico completo realizzata grazie all’apporto di competenze multidisciplinari e al lavoro di tre esperti come Albert Zink, direttore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC, Carsten Pusch dell’Istituto di genetica umana dell’Università di Tubinga e Andreas Keller, bioinformatico dell’azienda specializzata in biotecnologia “febit” di Heidelberg.
D’ora in poi però, tutti coloro che condurranno queste ricerche, non avranno davanti solo dei dati ma potranno riferirsi a un volto e saranno facilitati nel vedere, dietro a quei dati, una persona.
Credit: Heike Engel–21Lux/Museo Archeologico dell’Alto Adige/National Geographic Deutschland.