Nel marzo scorso, la rivista scientifica Nature ha dato risalto critico alle conclusioni che Yves Bot (Avvocato generale della Corte di giustizia della Comunità europea) aveva inviato alla Corte stessa. In queste conclusioni, l’avvocato Bot aveva saggiamente sostenuto che tutte le procedure riguardanti cellule staminali embrionali umane (anche quando non coinvolgano direttamente la distruzione di un embrione umano) non possono essere brevettate. Ciò, sostanzialmente, in quanto equivale a fare un uso industriale di embrioni umani: cosa da ritenersi “contraria all’etica e alla politica pubblica”.
Ora, nell’imminenza di una decisione definitiva della Corte (prevista per maggio), è ancora la stessa rivista a riproporre un appello, a firma di Austin Smith del Wellcome trust center di Cambridge e di dodici suoi colleghi, perché la Corte bocci il parere di Bot autorizzando così i brevetti riguardanti cellule embrionali umane. L’articolo di Smith è stato fatto circolare da Unistem dell’Università di Milano, che ha invitato i ricercatori a sottoscrivere l’appello.
Austin Smith è noto per avere sempre sostenuto l’utilità della ricerca con embrioni umani e le ragioni che riporta nell’appello sono sempre le stesse, ambigue e fuorvianti. Egli sostiene che le cellule staminali embrionali sono solo linee cellulari e non embrioni. Peccato che ometta di dire che esse sono derivate dalla distruzione di embrioni umani (esseri umani in via di sviluppo) che lui definisce come “surplus” di ovociti fertilizzati in vitro (sic!).
Smith ammette che di queste linee ve ne siano già centinaia (qualcuno sostiene migliaia), ma non se ne vede ancora l’utilità terapeutica e trova il modo di sottolineare quanto imperfette siano le tecniche di riprogrammazione di staminali adulte (cui molti sostenitori delle staminali embrionali si sono convertiti di recente). La sua conclusione è quasi commovente (da commedia rosa), quando scrive che i lavori degli scienziati coinvolti in questo campo non troveranno più sponsor (cioè denaro) delle industrie perché queste non avranno incentivi non potendo coprire con brevetti le loro ricerche!
Speriamo invece che la Corte Europea consideri seriamente la prudente posizione di Bot a salvaguardia della dignità della persona umana e la trasformi in legislazione. Sarà una ragione in più per sperare che all’Europa sia rimasto almeno qualche spezzone di quelle radici che per secoli le hanno permesso di crescere. E per ricordare che, in realtà, la vita umana è già stata brevettata.