Vivere nella paura, in attesa del disastro. Sono tanti gli esperti di fama internazionale che si dicono convinti del fatto che a breve un nuovo devastante terremoto potrebbe colpire i paesi che si affacciano tra l’Oceano Indiano e il Pacifico, gli stessi che il 26 dicembre 2004 hanno dovuto subire le tragiche conseguenze del sisma di magnitudo 9.3 con epicentro al largo di Sumatra, che ha provocato la morte di oltre 230 mila persone. La terra ha tremato ancora l’11 aprile scorso a causa di un terremoto di magnitudo 8.6 avvenuto nella stessa zona, ma che fortunatamente non ha generato quelle onde di tsunami alte diversi metri che otto anni fa hanno inghiottito e trascinato via tutto ciò che incontravano al loro passaggio. A lanciare l’allarme è stato in particolare Kerry Sieh, professore al California Institute of Technology e direttore dell’Earth Observatory di Singapore, secondo cui la faglia di Sumatra, dopo il terremoto del 2004, avrebbe sprigionato solamente la metà dell’energia accumulata nei secoli, mentre forti scosse come quella di due settimane fa non farebbero che aumentare il rischio di nuovi, devastanti terremoti. Come spiega a IlSussidiario.net Antonio Piersanti, dirigente di ricerca dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), «non stiamo comunque parlando di una previsione, termine con il quale si intende che in un certo giorno a una certa ora avverrà un terremoto di un una certa magnitudo. In questo caso si sta più che altro discutendo sulla eventualità che l’area possa in futuro essere nuovamente essere colpita da un importante evento sismico».
Le aree appartenenti all’anello circumpacifico, ci spiega Piersanti, «sono quelle in cui avvengono i grandi fenomeni di subduzione della Terra e dove viene sempre rilasciato un altissimo livello di energia sismica. Il professor Kerry Sieh concentra le sue tesi sul fatto che il grande terremoto di Sumatra del 2004, uno dei più forti della storia moderna della sismologia, possa aver destabilizzato l’area. Il ricercatore americano fa riferimento ad evidenze di sismologia storica che indicano che in passato eventi molto forti, comparabili con quello del 2004, sono avvenuti a distanze di tempo piuttosto ravvicinate. Questo è sicuramente un punto di partenza che può avere una sua fondatezza scientifica, e nei prossimi anni la probabilità di assistere a un forte terremoto in quell’area certamente aumenta, ma solamente dal punto di vista probabilistico».
Quindi, continua a spiegare Piersanti, nonostante sia noto che alcune zone sismiche hanno una tendenza a presentare una certa regolarità nel modo in cui rilasciano energia sismica, non è assolutamente detto che questo debba avvenire. «E’ possibile che il prossimo ciclo di rilascio dell’energia sismica da parte dell’arco indonesiano sia simile a quello avvenuto in passato, ma potrebbe anche non essere così. Stiamo quindi facendo solamente considerazioni probabilistiche, e anche altri ricercatori, pur riconoscendo il valore delle ricerche portate avanti da Sieh, sottolineano un regime di incertezza piuttosto elevato».
L’unico aspetto che gli esperti conoscono con certezza è che «queste grandi zone di subduzione hanno anche un tasso di emissione sismica molto alto: questo significa che non solo i terremoti sono molto forti, ma che mediamente avvengono più frequentemente rispetto ad altre zone sismiche della Terra. Quindi è assolutamente certo che in futuro avverranno altri grandi terremoti in quest’area, ma non possiamo dire con certezza se saranno tra 2, 5, 10 o 100 anni».
(Claudio Perlini)