Andreotti dormiva pochissimo, poche ore per notte. Diceva che un’ora di sonno in meno, è un’ora in più a diposizione a dispetto dei propri avversari. E sappiamo quanto è campato. Il sette volte presidente del Consiglio, tuttavia, rappresenta un’eccezione da non prendere come esempio. Che il sonno faccia particolarmente bene all’organismo, è ormai appurato da decenni di studi. Ora, una nuova ricerca, realizzata dalla University of Rochester (Usa), dimostra come durante il riposo il sistema di ripulitura del cervello sia decisamente più attivo che durante la veglia. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Scienze, dimostra come nell’organo pensante esista un vero e proprio meccanismo di pulizia dei “rifiuti”.
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Si tratta del sistema glimfatico, un nome non a caso molto simile a quello del sistema linfatico che purifica il nostro organismo. Il meccanismo identificato dagli studiosi, in pratica, drena gli scarti dell’attività celebrale, mediante una serie di tubi che avvolgono i vasi sanguigni delle meningi e che facendo scorrere il fluido cerebrospinale espellono le tossine.
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Ebbene, tale meccanismo – finora mai identificato perché è analizzabile esclusivamente su un cervello vivo e funzionante -, di notte, è fino a dieci volte più attivo che di giorno. Nedergaard, uno degli autori della ricerca, ha spiegato che quando si dorme i neuroni riducono le proprie dimensioni del 60%, per consentire al sistema idraulico di funzionare più agilmente. La scoperta potrebbe dare un’enorme contribuito alla lotta contro le malattie neurologiche.
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Contro l’Alzheimer, in particolare, morbo di cui sono affette più di 26 milioni di persone, e che provoca una degenerazione mentale che, nella maggiore parte dei casi, rende impossibile svolgere le più normali azioni quotidiane. Tra le tossine ripulite dal sistema glimfatico, ci sono anche quelle responsabili della terribile malattia. E’ stato osservato come, durante il sonno, il meccanismo spazzi via un numero decisamente superiore delle proteine beta-amiloidi che, oltre a prendere parte a numerosi processi fisiologici, sono proprio legate all’insorgere della patologia, anche in età giovanile. In pratica, se gli scarti delle proteine non vengono ripuliti, e si accumulano – a causa di un trauma o dell’invecchiamento – possono giungere a soffocare la rete neurale del cervello. E’ proprio quanto avviene con i depositi di beta-amiloidi nella malattia di Alzheimer. «Forse aumentare l’attività del sistema glinfatico può aiutare a prevenire che i depositi si accumulino oppure può offrire un nuovo modo di pulire i depositi di materiale nell’Alzhaimer già conclamato», ha spiegato uno dei ricercatori.