Uno studio eseguito da un vulcanologo americano, Flavio Dobran della New York University, getta nuova inquietante luce sul nostro vulcano più grande, seppur inattivo dal 1944. E’ il Vesuvio che grazie al cielo non è più stato protagonista di eruzioni assassine come quella che distrusse Pompei ed Ercolano, ma se ne sta sempre lì a pochi passi di grandi centri abitanti. Lo studio analizza cosa succederebbe oggi in caso di una eruzione come quella: in pochi minuti, quattro, distruggerebbe cinque o sei dei comuni più vicini, quelli nella cosiddetta zona rossa. Gas, ceneri e lapilli si alzerebbero fino a duemila metri di altitudine. E ancora: “Valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo con una temperatura di 1.000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di sette chilometri”. Quindi la botta finse: case spazzate via, alberi bruciati e quindi nel giro di un quarto d’ora la morte di circa un milione di persone. Ovviamente il vulcanologo non può dire quando questa catastrofe potrà succedere: nessuno è in grado di sapere quando un vulcano può fare eruzione. Ma prima o poi la farà, dice il vulcanologo.