Il video di una neutrografia, ovvero radiografia a neutroni, di una Moka su un fornello mentre sale il caffè è eloquente per indicare le potenzialità del centro di ricerca che si sta realizzando nella parte meridionale della penisola scandinava: il penetrante fascio di neutroni passa indisturbato attraverso le pareti della Moka e rivela in trasparenza realisticamente la salita dell’espresso. Il centro di cui parliamo è l’European Spallation Source (ESS), la cui prima pietra è stata posata da poche settimane a Lund in Svezia e che si appresta a diventare il più potente microscopio a neutroni del mondo.
Ne ha descritto le caratteristiche e gli scopi a ilsussidiario.net il fisico Marco Marazzi, responsabile del trasferimento tecnologico presso il Sincrotrone Elettra a Trieste, che all’ESS è il coordinatore di un Comitato (l’In-kind Review Committee) che gestisce le varie partecipazioni a questo progetto internazionale.
«La ESS è una nuova infrastruttura di ricerca europea che verrà costruita nei prossimi anni nel Sud della Svezia, a una ventina di chilometri da Malmö; una parte del progetto, cioè tutta quella relativa alla gestione dei dati e al supercomputer, sarà localizzata nella vicina Copenhagen».
Lo si può descrivere come un potente microscopio, basato su un acceleratore lineare lungo circa 600 metri che accelera dei protoni che vanno a collidere con un bersaglio metallico di tungsteno generando dei neutroni secondo un processo cui è stato dato lo strano nome di spallation «che si dovrebbe tradurre come “spallazione”, ad indicare il meccanismo per il quale i protoni danno come una spallata agli atomi del tungsteno per fargli espellere i neutroni; i quali sono molto penetranti, interagiscono poco con la materia e così possono essere utilizzati come sonda – come un microscopio appunto – per studiare le proprietà fisico-chimiche di molti materiali».
I numeri di questo progetto sono molto significativi; a partire dal budget di costruzione, che ammonta a 1.843 miliardi di euro, dei quali il 50% è sostenuto dalle nazioni ospitanti, Svezia e Danimarca, e il resto è finanziato da altre 15 nazioni europee tra cui l’Italia.
ESS sarà trenta volte più “brillante” delle sorgenti di neutroni attualmente in funzione in alcuni centri nel mondo, che pur funzionano egregiamente; e permetterà di esplorare la materia secondo delle modalità oggi inarrivabili. I neutroni che verranno prodotti da ESS, dato il loro elevato potere penetrante, consentiranno di eseguire radiografie ad altissima risoluzione di oggetti difficilmente osservabili tramite le normali radiografie a raggi X.
Alcuni esempi raggiungono dei livelli spettacolari: come la possibilità di vedere l’interno di un motore in funzione, o di fare la TAC a una mummia all’interno di un antico sarcofago che non può assolutamente essere aperto. Ma le applicazioni vanno dall’area biomedica, allo studio dei nuovi materiali, al settore energetico, ma anche ai beni culturali o all’agroalimentare e molte altre ancora.
Attualmente ci sono circa 5mila scienziati in Europa che utilizzano sorgenti di neutroni per le loro indagini; i centri sono in Inghilterra, Francia, Germania, Svizzera e Ungheria; quando ESS sarà a regime, si prevede che circa 2000-2500 scienziati ogni anno si avvarranno delle sue performance.
Come si gestisce l’utilizzo di infrastrutture del genere? «Gran parte dei neutroni prodotti verranno messi a disposizione di scienziati, non solo europei, che avranno accesso ai servizi di ESS sulla base del merito scientifico: gli scienziati avanzano le loro richieste di utilizzo della “macchina” per un dato periodo (mediamente dai tre ai dieci giorni) e, se vengono accettate, dopo le osservazioni a Lund hanno l’obbligo di pubblicare i risultati per metterli a disposizione di tutti. Il vantaggio per ESS è di poter ospitare scienziati tra i più qualificati al mondo e quindi di acquisire conoscenze competenze crescenti, migliorando continuamente le prestazioni delle varie apparecchiature. C’è poi anche un utilizzo non pubblico, come servizio a pagamento fornito a realtà industriali che necessitano di analizzare nuovi materiali o di ottimizzare i processi produttivi; in questi casi, ovviamente, i dati non verranno pubblicati».
Come interviene l’Italia?. «Nella fase di costruzione interveniamo con un contributo di 110 milioni di euro; nel giugno scorso il nostro Ministro della Ricerca Stefania Giannini ha formalizzato l’impegno di partecipazione. La quota italiana servirà in parte direttamente per la costruzione, in parte per i cosiddetti contribuiti In-kind, cioè “in natura” ovvero per le spese di personale, attrezzature e materiali: in sostanza si chiede alle istituzioni nazionali coinvolte, CNR, INFN e Sincrotrone Elettra di contribuire con la costruzione fisica di parti della macchina. Questo sistema ha il vantaggio ulteriore di favorire la crescita di un clima collaborativo e insieme di uno spirito competitivo in quanto per ogni sottosistema o apparecchiatura verranno selezionati i progetti migliori e di eccellenza».
Anche sul versante industriale l’Italia giocherà un ruolo di rilievo: dal momento che gli enti scientifici citati dovranno produrre materialmente le parti da installare su ESS, sarà naturale per loro avvalersi delle competenze e delle risorse offerte da tante nostre industrie qualificate.
Marazzi ci racconta che lo studio di questa infrastruttura è iniziato una quindicina d’anni fa e che nel frattempo la tecnologia si è evoluta e oggi ci sono nuove possibilità tecniche e nuovi scenari applicativi; perciò la costruzione inizia con una grande aspettativa di massima operatività e notevoli risultati.
I tempi sono ben delineati: dopo questi primi anni intensi di costruzione della facility, ci sarà una fase dal 2019 al 2025 dove la macchina dovrà andare a regime; l’acceleratore verrà completato nel 2022-23 e si prevede che dal 2025 sarà aperta all’utilizzo da parte degli utenti mondiali. Intanto nel 2019 saranno prodotti i primi neutroni e verranno fatti degli esperimenti in house per migliorare e ottimizzare la macchina. Si prevedono 40 anni di funzionamento dell’impianto e c’è già tutto un piano di sviluppo e utilizzo fino al 2065.